Cronache

Tornano al Giglio per ridare le coperte a chi li ha soccorsi

Tornano al Giglio per ridare le coperte a chi li ha soccorsi

Chissà se sul prossimo numero di Der Spiegel si leggerà anche di questi due italiani. Eventualmente, sarà curioso scoprire come li spiegheranno: un’anomalia genetica, uno scherzo della natura?
In attesa dell’uscita, l’Italia semplicemente registra. Va bene, c’è Schettino (ma ci sono anche i suoi ufficiali che non sono fuggiti e hanno salvato vite, sarebbe il caso di non dimenticarlo). Si dà poi il caso che sulla stessa nave, nella stessa storia, compaiano improvvisamente, senza clamori, senza codazzi di telecamere, anche due anonimi coniugi di Terni, Fabio Molinari e Cristina Meduri, cinquant’anni lui e quarantacinque lei.

Come giochi il destino nelle loro vite appare quanto meno curioso e singolare. Sposati ad agosto, riescono a fare il viaggio di nozze soltanto in gennaio. Amano la crociera, scelgono una crociera. Partenza il 13 gennaio da Civitavecchia. Nave Concordia, signora della flotta Costa. Nel giro di poche ore, entrano nel film che tutti conosciamo: la sera stessa, un comandante improvvido fa l’inchino più bullo nella storia della navigazione e addio viaggio di nozze. La crociera si conclude sull’Isola del Giglio, tra incubo e terrore, riscaldata soltanto dalla compassione degli isolani, che offrono coperte, viveri, umanità.

Dei coniugi Molinari da Terni, due tra i tantissimi naufraghi fortunatamente illesi, nessuno sa più niente fino a una domenica mattina di due settimane dopo. Questa volta sbarcano sull’Isola in modo molto più sicuro e ortodosso, dal traghetto delle 10,30. Badando bene di evitare il contagio giornalistico, portano a termine la loro commovente missione, come un pellegrinaggio di ringraziamento.

Cercano subito i vigili urbani, riconsegnano le coperte lavate e stirate che quella sera avevano ricevuto, sentitamente ringraziano. Alle 13 saranno già di nuovo sul traghetto del ritorno. Prima, però, la voce inevitabilmente si sparge e il loro gesto fa copertina: magari non di Der Spiegel, diciamo semplicemente del nostro svilito orgoglio civile.
«Ci sembrava giusto ringraziare queste persone, riportare le loro cose»: così, senza caricare di pistolotti retorici, gli sposini tardoni spiegano la loro gita domenicale.

È chiaro che qualcosa da dire venga spontaneo a tutti noi, loro connazionali. Dopo quello stramaledetto inchino finito sugli scogli, siamo usciti tumefatti dai reportage e dai saggi sociologici di mezzo mondo. Noi stessi, sinceramente, siamo consci di vivere in un luogo dove circolano comandanti dandy e cascamorti, dove oltretutto risulta impensabile che qualcuno restituisca qualcosa: qui ci sono moltitudini di patrioti che non restituiscono nemmeno quanto hanno sottratto con la loro manolesta, figuriamoci chi ha ricevuto in dono, senza alcuna aspettativa di restituzione. Eppure proprio qui, ancora qui, sull’Isola del Giglio, dove l’acciaio spaccato di una nave è diventato uno spaccato d’Italia più letto e ascoltato della Divina Commedia, in questo affresco allegorico di un intero popolo, improvvisamente compaiono due oscuri signori di Terni, semplicemente per restituire le coperte, semplicemente per dire grazie.

Ma l’Italia allora cos’è? Schettino o loro due? Non da oggi, non da quel venerdì sera, l’Italia è tutto.

Bisogna essere rigidi e quadrati come tedeschi per non capirlo. O ci sono pure tedeschi elastici e flessibili?

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