È tornato Re Panettone

Un libro scritto l’inverno scorso per l’editore Guido Tommasi, «Re Panettone – Storia, leggende e segreti di un protagonista del Natale», libro sempre attuale (e lo sarà ancora a lungo), ha spinto lo scorso fine-settimana il suo autore, Stanislao Porzio, a organizzare al Teatro Litta a Milano, un evento di estrema golosità e piacevolezza: Re Panettone. Porzio ha riunito oltre venti pasticcieri dell’Italia intera perché offrissero in degustazione i loro prodotti, in vendita al prezzo imposto di 18 euro al chilo, ottimo perché erano tutti pezzi di alta arte culinaria, materie prime squisite, lievitazioni naturali e tanta ma tanta buona volontà in un settore dove tanti puntano solo a fare il prezzo, rigorosamente basso. Basti un’annotazione: a un pasticciere un chilo di burro di cacao costa circa 8/9 euro, stesso peso di grasso idrogenato (dannoso, sarà presto al bando ma hanno già trovato come riproporlo sotto altre vesti) cinquanta centesimi. Una scorciatoia tentatrice anche perché in Italia tanti sono contenti di bere Tavernello.
Mettevi piede al Litta e rischiavi, di assaggio in assaggio, di passarvi l’intera giornata. Non si ha mai l’idea esatta della qualità fino a quando non la si verifica in presa diretta. A me ha lasciato sbalordito il panettone di Iginio Massari della Pasticceria Veneto a Brescia. Sessantasei anni e un gusto estremo per i piaceri della vita, Massari è Il Pasticciere italiano per antonomasia. Ma quelli bravi sono tanti e sovente certe affermazioni vengono fatte meccanicamente. Giova pertanto verificare nel tempo. Massari è generoso di indole. Mentre alcuni faticavano a tagliare qualcosa che fosse più grande di una briciola, lui porgeva a chiunque una reale fetta di panettone fino a provocare la domanda che tanti si fanno quando incrociano qualcuno che, prima di gustarla, toglie con cura ogni uvetta e ogni candito. È ancora panettone? «Ancora? È come pretendere di fare un risotto alla milanese senza usare lo zafferano». Però è anche vero che canditi e uvetta sono sovente di qualità scadente, con i primi prodotti ricorrendo a papaya e ananas mezzi acerbi e poi spacciati per agrumi.
La verità più evidente quando si gusta un signor panettone è la sua digeribilità. Non credo esista uno che la sera dopo la visita a Re Panettone non si sia sentito leggero, sazio sì perché il panettone nutre, è l’esaltazione di zucchero e burro, ma una volta deglutito segue il suo corso dispensando solo buonumore. A Porzio ho chiesto quali fossero i magnifici sette artigiani del panettone, a prescindere dall’evento, e la risposta è stata: “Primi, a pari merito, Achille Zoia della Boutique del Dolce in via De Giorgi 2 a Concorezzo (Monza) e Iginio Massari alla Pasticceria Veneto in via Salvo d’Acquisto 8 a Brescia. Quindi ecco Angelo Marchesi della pasticceria Marchesi in via Santa Maria alla Porta 11 a Milano; Roberto D’Aniello di Pane da sogno in via Faruffini 3 a Milano; Gattullo in piazzale di Porta Lodovica 2 a Milano; Comi in via Cavour 4 a Missaglia (Lecco) e Teresio Busnelli della pasticceria Pinuccia in piazza Cavour 3 ad Arluno (Milano).
A mia volta ci tengo a ricordare chi ho apprezzato, a parte quelli già citati, una settimana fa a Milano, con un’avvertenza: il panettone sarà sempre un simbolo di Milano e del Natale di tutti gli italiani ma non viene certo prodotto esclusivamente in Lombardia. Era ottimo quello di Natale, pasticciere a Lecce (0832.256060) e a San Cesario (0832.202462), così come quello di Camplone a Pescara (085.691633). E ancora due campani di valore come Alfonso Pepe a S.Egidio (Salerno), 081.5154151, e De Riso a Tramonti (Salerno), 089.856446; l’insegna romana Cristalli di Zucchero in via di Val Tellina, 06.58230323; il valdostano Morandin a St.Vincent, 0166.512690; Zanarini a Bologna, 051.

2750041, e, infine, Busato a Isola della Scala (Verona), patria del riso vialone nano, 045.7300560. Il Panettone di quest’ultimo, farcito con la crema al limoncello, per i puristi una bestemmia, me lo sono pappato con estremo piacere.

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