Con la tosta Gelmini la scuola si rinnoverà

Caro Granzotto, credo che parlare ancora di scuola non sia inutile. Il ministro Gelmini sta cercando di fare qualcosa di pratico, ma perché dopo voto di condotta, grembiule ed esami di riparazione che hanno diviso la sinistra (vedi la sciocca ironia di Merlo su La Repubblica, e il meditato articolo di Scurati su La Stampa) non affronta con decisione un nodo cruciale spesso a monte di quanto succede nelle aule, quello del telefonino con video e senza? Perché non emana una circolare di poche parole, tipo: 1) è vietato introdurre il videocellulare nell’edificio scolastico, 2) in caso contrario il cellulare viene sequestrato e riconsegnato ai genitori, 3) al secondo o terzo sequestro scatta la sospensione? È così difficile opporsi alla demagogia degli stessi genitori che hanno colpe immense, come nota Scurati? Aggiungo: è tanto difficile mandare più uomini delle forze dell’ordine in strada? Basterebbe svincolare tutti quelli che scortano gli ex presidenti (della Repubblica, della Camera, del Senato) o che sorvegliano le loro abitazioni 24 ore su 24 (a esempio O.L. Scalfaro che abita vicino a casa mia). Che bisogno hanno ancora di «protezione»? Che necessità c’è di offrire loro questi benefici vita natural durante? Quanto si risparmierebbe eliminando dei benefit francamente inutili per aver ricoperto una sola volta una certa carica, ancorché alta?


Il ministro Gelmini sta facendo bene, molto ma molto bene. La controprova è rappresentata dalle reazioni isteriche dei pretoriani e delle squittenti vestali di quell’immane disastro rappresentato dalla riforma Berlinguer, la loro tremarella all’ipotesi di un ritorno alla «selezione esplicita». Credo, caro de Turris, che il problema dei telefonini in classe, siano essi video o non video, sia in cima ai suoi pensieri con netta predisposizione per la tolleranza zero. Certo, come lei osserva, dovrà poi vedersela colle mamme e i babbi che guai se gli tocchi i marmocchi (giorni fa ricordavo della madre di un’alunna che prese a calci e pugni la professoressa che aveva sequestrato il telefonino, usato in classe, durante la lezione, alla figlia). Però Gelmini è tosta (un trinariciuto dell’Unità l’ha ribattezzata signorina Rottermeier, facendole un complimento coi fiocchi) e andrà fino in fondo, su questo non ci piove.
Quanto al numero spropositato di agenti destinato a scorte che altrimenti non potremmo definire se non «di onore», è uno scandalo che deve finire. Centinaia e centinaia di poliziotti, carabinieri, fiamme gialle lì a montare la guardia agli Oscar Luigi Scalfaro, alle loro persone, alle loro prime, seconde e terze case, anche se nelle ultime due non ci mettono piede. Uomini e mezzi tolti al servizio del cittadino, alla lotta alla criminalità, alla testimonianza concreta della presenza dello Stato. È ovvio, è evidente che a nessuno, non alla mafia, non ai terroristi islamici, non alla comune delinquenza, non ai separatisti baschi o agli Janjaweed passa per la testa non dico di attentare alla vita, ma di fare la bua a Scalfaro. La super scorta e il sentinellaggio delle sue dimore rappresentano solo uno status symbol al quale l’ex presidente, ora inspiegabilmente emerito, essendo vanitoso e tronfio non rinuncerebbe mai e poi mai. Poi, però, passa il suo tempo a menarla sulla dignità, decoro e correttezza istituzionale, sui Valori, i Princìpi e il senso dello Stato.

E sempre petto in fuori, proponendosi come il campione di tutte quelle cose là. Senza nutrire il minimo rimorso al pensiero che basterebbe la metà degli uomini in arme che ha d’intorno per coprire, controllandolo a tappeto, un intero quartiere di Roma.

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