Il Tour, da corsa per Rambo a «sanatorio»

Purtroppo, c'è poco da ridere. Scoprire che il Tour 2006, ormai a pochi mesi dal Tour 2007, non ha ancora un vincitore può risultare grottesco, farsesco, ridicolo. Ma fa più piangere che ridere. Siamo al punto che ogni possibile vincitore viene puntualmente scartato, come in uno strano e demenziale gioco di carte. Basso e Ullrich, i vincitori più realistici, fuori ancora prima di cominciare. Il popolare Landis, il vincitore vero, fuori appena terminato. Adesso Pereiro, il vincitore di scorta, ipoteticamente fuori perché non ha giustificato all'antidoping francese quello che aveva peraltro già giustificato alla federazione mondiale e agli stessi medici del Tour, cioè di aver usato prodotti proibiti per curarsi l'asma.
La questione, in sé e per sé, sembra già avviata a ricomposizione: l'antidoping francese ha ricevuto i certificati medici inutilmente richiesti in precedenza. E puntualmente adesso Pereiro fa pure l'offeso, perché si sente infangato. Parentesi su quest'ultimissimo punto: Pereiro può andare tranquillamente a quel paese. Se ti chiedono dei certificati e per due volte manco rispondi, meriti di essere squalificato più per cretinismo che per doping: si parla di Tour de France, della cosa più importante della tua carriera, non di una partita a flipper. Altro che «dimenticanza»...
Tornando al punto. Il vero problema sollevato dalla penosa vicenda è un altro: e cioè che questo Tour - ma anche questo Giro o questa Parigi-Roubaix - è raccontato da una tradizione secolare come prova estrema per superuomini e veri eroi. Si parla - giustamente - di test assoluto della fatica e della resistenza. Ma i casi sono due: o ci stiamo raccontando barzellette da un secolo, oppure c'è qualcosa di strano. Che cosa siano queste stranezze, da tempo stiamo cercando di dirlo in tanti, di fronte alle statistiche fantasmagoriche del settore: risulta infatti che buona parte del gruppo, cioè dei celebrati supereroi, gode di una salute pessima. A documentarlo sono i certificati medici depositati alla Federazione internazionale (Uci), veri e propri lasciapassare per usare medicinali normalmente proibiti. È il caso di Pereiro, è il caso degli altri cinque corridori risultati positivi al Tour, ma tranquillamente salvati grazie ad apposito certificato medico. Asmatici, piagati, ulcerosi: lo sport, che fa tanto bene, sembra frequentato da un'umanità malmessa e cagionevole. Se poi vogliamo arrivare alla battuta d'umorismo, è pure vero che questo mitico Tour lo vincono ultimamente ex malati di cancro (Armstrong), poveri sciancati (senza offesa, Landis) ed eventualmente asmatici cronici (Pereiro, appunto). Ma non era la corsa dei Rambo?
Altro che umorismo. Il problema, ci siamo già capiti, è molto serio. Bisogna semplicemente capire se questi certificati medici, che autorizzano certi atleti a gareggiare imbottiti di sostanze proibite, sono oggettivi, sinceri, onesti, oppure se non sono - come tante altre cose - uno strumento losco per dribblare l'antidoping. Per tornare al popolare Pereiro: l'agenzia francese fa benissimo a pretendere la documentazione medica. Non si tratta di una pura questione burocratica: si tratta di verificare, una volta ricevuti i certificati, se queste carte sono attendibili. Se davvero il corridore spagnolo è un asmatico. Se ha realmente necessità di certi farmaci. Hai visto mai, per pura ipotesi, che finora non li abbia inviati perché come documentazione scientifica zoppicano un poco pure loro?
Ridendo e scherzando, siamo al vero nocciolo della questione.

Nella già complicata lotta al doping, bisognerebbe inserire anche una seria caccia ai malati immaginari. Ma prima ancora ai medici che questi malati curano e queste malattie diagnosticano. Hai detto niente, il problema è eterno: chi controlla i controllori?

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