Tra coloro che hanno compiuto limpresa titanica di leggerlo, e sono pochissimi in tutto mondo, cè chi lo considera un glorioso fallimento e chi il capolavoro del Novecento. Comunque, una leggenda. Lopera è Finnegans Wake ed è uno dei libri più folli, geniali, illeggibili, imprescindibili e impraticabili della storia della Letteratura. James Joyce, il quale dopo aver completato laltro suo monstrum, lUlysses, non scrisse neanche una riga per un anno, iniziò la stesura di quello che poi avrebbe intitolato Finnegans Wake nel 1922 - con il titolo Work in Progress cominciò a uscire a puntate sulla rivista Transition - e lo vide per la prima volta stampato in volume, a Parigi, il giorno del suo 57º compleanno, il 2 febbraio 1939, due anni prima di morire.
Tentare di spiegare cosè Finnegans Wake è quasi impossibile, forse ancora più difficile che leggerlo. Stanilaslaus Joyce, il fratello di James, lo definì «lultimo delirio della letteratura prima della sua estinzione». Ma forse anche questa è una leggenda. Comunque, dopo Finnegans Wake scrivere un romanzo non è più stato come prima. Composto da quattro libri, ricava il titolo da unantica ballata popolare irlandese: il muratore Ted Finnegan, col vizio di bere, muore battendo la testa e, durante la veglia in suo onore, resuscita dalla bara appena sente stappare una bottiglia di whisky... Unallegoria del ciclo universale della vita. Il termine wake significa allo stesso tempo «veglia funebre» e «risveglio». Usando il celebre paragone di Edmund Wilson, se lUlysses è il tentativo di presentare direttamente i pensieri e i sentimenti di un gruppo di dublinesi durante lintero corso di una giornata destate, Finnegans Wake è un tentativo parallelo di rendere poeticamente i sogni visionari e le sensazioni semi-consce di un singolo individuo durante il sonno di una notte.
E se raccontare la «trama» di Finnegans Wake è inutile oltre che difficilissimo, tentare di «spiegare» la lingua in cui è scritto è un ulteriore salto nel vuoto. Diciamo che lUlysess è un brezza leggera, Finnegans Wake un tornado. Il flusso di coscienza è portato alle sue estreme (?) conseguenze, la condensazione di parole è allo stato terminale, le lingue e i dialetti usati sono almeno una ventina, spuntano idiomi inventati, i neologismi nascono dalla fusione di termini di lingue differenti oppure saldando insieme suoni e pensieri, vocali e consonanti si scambiano, le onomatopee tracimano... nelle prime righe del romanzo un tuono viene espresso con una parola di cento lettere: babadalgharaghtahkhamminarronnkonnbronntonnerronntuonnthunntrovarrhounawnshawntochoordenenthurnuk! La pagina diventa un magma linguistico proteiforme, un puzzle incomponibile, come ha detto qualcuno: «la suprema sintesi verbale del creato».
Bene. Di fronte a tutto ciò, come pensate possa sentirsi un traduttore? Ecco, proprio come vi immaginate. Non a caso in tutto il pianeta sono soltanto due le lingue nelle quali si è tentato di tradurre lopera: giapponese e italiano. Nella nostra lingua, in particolare, hanno fatto dei tentativi lo stesso Joyce (con Nino Frank, nel 40, su un singolo brano) e successivamente Mario Diacono, Gianni Celati e Rodolfo Wilcock, ma sempre su piccole parti del libro. Chi invece ha azzardato limpresa della traduzione completa è Luigi Schenoni. Anzi era: è morto nel 2008. Nato nel 35, bolognese, ovviamente geniale, laureato in Lingue e letterature straniere alla Bocconi di Milano, Schenoni lavorò per ventanni come traduttore tecnico-commerciale per unimportante ditta della sua città. Poi, lavventura. Cominciò nel 74 e, tra un impegno e laltro, ha continuato per tutta la vita. Nell82 apparve per Mondadori la sua traduzione della prima parte (quattro capitoli) del primo libro di Finnegans Wake (poi uscito nel 93 negli Oscar), nel 2001 arrivò la seconda parte del primo libro (altri quattro capitoli), nel 2004 i primi due capitoli del secondo libro, e oggi, sempre negli Oscar, appaiono (postumi...) i capitoli terzo e quarto del secondo libro, quelli ambientati nella taverna del protagonista, Humphrey Chimpden Earwicker, tra le 22 e le 22,30 dellunica giornata in cui, così come accade nellUlysses, si svolge Finnegans Wake. Una giornata che simboleggia la parabola dellesistenza.
Di por sé, lopera completa prevede altri quattro capitoli di questo secondo libro che però (molto probabilmente, anzi con tutta probabilità) non avranno mai una traduzione in italiano perché, morto Luigi Schenoni, è impossibile far proseguire la traduzione a unaltra persona: il lavoro di Schenoni è stato soprattutto rendere in italiano lo stesso «suono» e la stessa «musicalità» che le parole scelte da Joyce hanno nelloriginale, e nel momento in cui un nuovo traduttore dovesse cimentarsi in questo lavoro dovrebbe ricominciare tutto da capo, in quanto la scelta della «resa» è troppo personale e coinvolge lintera opera. Il «risveglio» di Finnegan si è interrotto, almeno in italiano. Riusciremo mai a leggerlo tutto?
Intervistato proprio su queste pagine, nel 2001, dal grandissimo Eraldo Affinati, Schenoni a proposito dellassoluta intraducibilità del testo, con altrettanto assoluta semplicità rispose: «Io credo che dietro le manipolazioni linguistiche, che vogliono essere una sintesi verbale del mondo, ci sia una trama molto semplice e quotidiana che si svolge in circa dodici ore, dal pomeriggio-sera allalba del giorno dopo.
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