Il leader del centrodestra non escludeva certo che nel poco tempo che manca al 16 settembre potesse accadere qualcosa che influenzasse la campagna elettorale. Ma neppure nei suoi incubi peggiori avrebbe potuto immaginare l’immane tragedia abbattutasi in questi giorni sulla Grecia. E quella che sembrava una vittoria facile e scontata adesso appare lontana.
L’intero popolo greco è inferocito per la dimostrazione di inefficienza data dal governo in questa circostanza. E giornali e televisione - se è lecito usare questa espressione in un simile frangente - soffiano sul fuoco. Le accuse al governo sono pesantissime: impreparazione o assenza completa della macchina dello Stato, mancanza di coordinamento nei soccorsi, elicotteri e Canadair inesistenti o arrivati troppo tardi. Le immagini degli incendi che si susseguono giorno e notte sulle televisioni pubbliche e private sono raccapriccianti, i commenti della gente irriferibili.
L’incendio che ha lambito Olimpia e il fatto che il governo non sia stato capace di proteggere il luogo più sacro della Grecia assieme al Partenone, non è cosa facile da perdonare a chi ne porta la responsabilità. Qualcuno, come i vignettisti, ci inzuppa il pane. La più feroce è la vignetta di un quotidiano in cui Karamanlis tiene in mano il simbolo del suo partito (le iniziali N e D con in mezzo una torcia accesa) che grida disperato ai suoi: «Cambiatelo!».
Un Consiglio dei ministri, tenutosi ieri mattina, le generiche rassicurazioni di interventi e le altrettanto generiche accuse a non identificati piromani, non hanno tranquillizzato nessuno. È molto difficile che tutto questo non si rifletta sul voto imminente.
Eppure, fino a quattro giorni fa, Karamanlis dormiva sonni tranquilli.
Il suo indice di popolarità lo vedeva in vantaggio di 15 punti rispetto al rivale Papandreu. E i sondaggi davano Nuova democrazia al 61 per cento, contro il 24 per cento del Pasok. Gli ultimi sondaggi danno ora a Nuova democrazia poco più di un punto di vantaggio. L’unica, l’ultima speranza di Karamanlis è la debole immagine del suo rivale, un politico privo di carisma. Figlio d’arte, Giorgio Papandreu è il terzo discendente diretto della famiglia a guidare un partito politico. Il nonno Giorgio era un uomo di centrodestra, conservatore illuminato, autore nella prima metà degli anni ’60 di alcune riforme che spaventarono il palazzo reale e l’esercito, inducendo un manipolo di colonnelli ad attuare nel 1967 un colpo di stato. Per sette anni la Grecia, che già nell’ultimo secolo aveva conosciuto un’altra decina di colpi di stato, fu governata da una giunta militare. Il figlio di Giorgio Papandreu, Andreas, economista di fama, fu uno dei più fieri oppositori del regime dei colonnelli. Costretto all’esilio prima negli Stati Uniti poi in Canada, tornò in Grecia dopo la caduta della giunta, nel 1974, e fondò il Pasok, prese il potere e lo mantenne per molti anni. Alla morte di Andreas, il partito passò a Kostas Simitis, che fu sconfitto da Costantino Karamanlis (a sua volta nipote del grande omonimo statista) nel 2004. Dal 1974, tutti i partiti greci che sono andati al voto con un vantaggio sia pure minimo nei sondaggi, hanno sempre vinto. Ma stavolta l’immane rogo con i suoi 60 morti rischia di cambiare lo scenario.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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