La transumanza Strasburgo-Bruxelles costa 250 milioni l’anno

Contenere gli sprechi. Imperativo inflazionato e snobbato soprattutto da chi avrebbe il potere di tagliare le spese inutili e non ci tenta nemmeno. Prendiamo gli europarlamentari. Spendono tanto denaro dei contribuenti per scorrazzare su e giù tra Bruxelles e Strasburgo inseguendo commissioni e sedute plenarie. Ma se qualcuno tenta timidamente di fare obiezioni viene subito zittito. Com’è successo nello scorso maggio quando la maggioranza dei parlamentari ha sdegnosamente votato contro l’accorpamento delle due prossime sedute di settembre al Parlamento di Strasburgo. Con un aggravio di spesa collettiva di ben 17 milioni di euro. Noccioline direbbero alcuni. Un tesoro penserebbero i comuni mortali.
Ma perché questo ostruzionismo? Difficile spiegarlo se non si pensa male. Facciamo due conti. Il Parlamento vanta due sedi: una a Bruxelles con tanto di emiciclo che può contenere tutti i rappresentanti dei Paesi membri, l’altro a Strasburgo che ospita le sedute plenarie. Ma gestire la sede staccata francese diventa un'odissea perché due volte al mese, tutti, ma davvero tutti, emigrano. Dipendenti, uscieri, assistenti, parlamentari, documenti. Già, i documenti, rigorosamente cartacei, vengono trasferiti con dei tir da Bruxelles a Strasburgo. Questo trasloco in pompa magna, assieme ai costi di manutenzione della sede di Strasburgo, costa circa 250 milioni di euro all’anno. Vale a dire un miliardo di euro in quattro anni. Ma il valore dei soldi è un optional per la burocrazia europea che si trincera dietro il (vetusto) Trattato di Lisbona. Lì c’è scritto che il Parlamento debba avere due sedi, una per le commissioni, un'altra per le riunioni generali. Si potrebbero modificare le regole? Certo, ma è troppo complicato. Meglio lasciare tutto com’è. Neppure in via eccezionale si evita la doppia transumanza da 450 km di 733 parlamentari, 3.000 assistenti e portaborse, più la montagna di documenti. Neppure in nome del bistrattato Ambiente, tutelato solo a parole, si tenta di mitigare i danni. Infatti - altro dato poco conosciuto - il massiccio e ripetuto spostamento dell'Europarlamento provoca l'emissione nell'aria di 20.000 tonnellate di anidride carbonica. Non male per un'assemblea di soloni che approva in continuazione appelli e risoluzioni invitando gli Stati a risparmiare denaro e a contrastare l'inquinamento.
Ma ci sono anche quelli che non ci stanno. E i loro appelli verbali, ora si mettono nero su bianco. Per vedere che effetto che fa. La provocazione numero uno è partita da una donna, l’onorevole Amalia Sartori. La signora ha preso carta e penna e ha scritto una bella letterina al presidente francese, Sarkozy, invitandolo a mettere da parte le ambizioni politiche personali e considerare seriamente l’ipotesi di trasferire a Bruxelles le sedute plenarie di Strasburgo per contenere gli sprechi. «Tutti sanno che solo lei può consentire che le tre sedi della Ue possano svolgere i propri lavori in un'unica città che è ormai per tutti Bruxelles - scrive Sartori -. Assuma la difficile e storica decisione di rinunciare alle 12 sessioni annuali di Strasburgo». Insomma, un invito al presidente francese a fare un passo indietro e riqualificare Strasburgo in altro modo. Come? «Destinando – suggerisce Sartori - i 1000 uffici, le 29 sale riunioni, l’emiciclo per 1400 persone alla scuola di formazione per amministratori pubblici europei». La parlamentare invoca «realismo politico» e «rigore e risparmio da parte di tutti». La lettera, condivisa e sottoscritta da altri europarlamentari, è arrivata a destinazione. La risposta verrà data (forse) all’apertura del Parlamento il 6 settembre prossimo. Ma pochi sperano che sia positiva. Per ora la Ue si sente al di sopra di ogni problema economico visto che lo stesso Barroso pretende un aumento per la gestione complessiva della Ue, mentre di tagli non se ne parla neppure.
Del resto, prima di chiudere per l’estate, l'Europarlamento ha votato l’aumento dei fondi a disposizione dei parlamentari per pagare lo staff (1.

500 euro a testa in più al mese) facendo lievitare il bilancio 2010 di 9,4 milioni di euro. L’unica voce di sdegno di questo colpo di mano collettivo? Quella del neo ministro dell'economia inglese, George Osborne, che ha bollato l'aumento come «inaccettabile».

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