Trap: «Torno in Germania senza Strunz»

Scusi Trapattoni, lei è il nuovo allenatore dello Stoccarda e a Milano in tanti dicono «se l’è matt?».
«Matto proprio no, però dopo il Benfica non volevo fermarmi».
Ma da Lisbona era venuto via per nostalgia della casa...
«Intanto Stoccarda è più vicina del Portogallo e poi questa volta c’è anche Giovanna, mia moglie che ha deciso di venire con me in Germania».
Ci spieghi questo cambiamento di idee da un giorno all’altro.
«Volevo continuare ad allenare in Italia e le prospettive erano buone. Qualche segnale m’era arrivato da Roma, sponda laziale, ma la vera trattativa è stata fatta col Chievo. Campedelli voleva vendere la società e aveva trovato l’intesa con un industriale milanese nel ramo dell’informatica che, essendo di provata fede interista, mi ha subito contattato per avere la mia disponibilità».
E lei cosa ha risposto?
«Ho detto sì, il progetto era buono: avrei fatto il direttore generale con D’Angelo in panchina e sarei stato comunque il responsabile della parte tecnica del Chievo. Eravamo anche d’accordo sulla parte economica. Poi Campedelli non ha più venduto e tutto è saltato».
Aveva proclamato: basta con l’estero.
«Lo Stoccarda non l’ho cercato io. Mi volevano anche Hertha Berlino e Wolfsburg, ma non facevano per me. Stoccarda invece ha grosse ambizioni, dopo il Bayern è la squadra più solida sotto tutti gli aspetti. Non è in Champions ma farà la Uefa. È una grande città industriale, ricca, dove tutti pensano soprattutto a lavorare. Un po’ come Milano».
Un contratto di due anni a 600.000 euro a stagione, non male.
«Non l’ho fatto per i soldi, il fatto è che non riesco a stare fermo. Potrei dire di essere un animale da campo, ma poi qualcuno potrebbe fraintendermi».
Ma come ha fatto a convincere sua moglie Giovanna?
«È stata lei a convincermi.

M’ha detto: non riesci a stare fermo, sei un irrequieto nato e questa volta vengo con te».
Risentiremo il suo tedesco maccheronico.
«Il mio tedesco è buono e poi nello Stoccarda non c’è un altro Strunz. Problemi di lingua non se ne pongono».

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