Perugia - Ventiquattr'ore di tempo per passare dal monitor alle manette. Rudy Hermann Guede, il 21enne ivoriano ricercato da venerdì scorso per l'omicidio di Meredith Kercher a Perugia, è stato arrestato alle 10 di ieri mattina dalla polizia tedesca su un treno tra Coblenza e Magonza. Rudy, che non ha precedenti per droga, ha provato a negare la sua identità, poi ha spiegato che sì, era lui quello che cercavano. «Ho lasciato Perugia, avevo problemi con una ragazza», la sua scivolosa spiegazione, prima di chiedere di avvisare la famiglia «adottiva» in Umbria.
Non è un colpo di fortuna, è l'epilogo della trappola tesa dal Servizio centrale operativo e dalla squadra mobile di Perugia, che già da domenica lavorano per incastrare il «quarto uomo». Sul cuscino su cui era adagiato il cadavere di Meredith c’è l'impronta del palmo della sua mano. Gli inquirenti non hanno dubbi: quella notte lui era lì. E aveva già frequentato la casa di via della Pergola: molti testimoni parlano di un certo Rudy che si faceva chiamare «Tyrone», in omaggio a un cestista statunitense.
Tracciando il suo cellulare, gli investigatori scoprono che il giovane è in Germania, a Düsseldorf. È lì dal 12 novembre. Contattano i suoi amici più stretti, chiedendo la collaborazione di qualcuno di cui il 21enne si fidi per scovarlo con un «cavallo di Troia». Fino a convincere un ragazzo di Perugia. Lunedì l’amico di Rudy e gli uomini di Sco e Mobile si mettono all'opera, lasciando sul «Messenger» (il programma di messaggistica istantanea di Microsoft) di Guede una richiesta di contatto. Rudy è solo, lontano da casa e braccato. Abbocca. Alle dieci risponde. E comincia una lunghissima sessione di «chat» tra i due ragazzi. «Qui ti cercano tutti, ho visto le tue foto segnaletiche: pensano che tu abbia partecipato all'assassinio di Meredith», lo incalza l'amico perugino. Guede nega di aver ucciso la studentessa. «Non c'ero quella sera. In via della Pergola ci sono stato un paio di volte, e tu lo sai, ma non c'entro». L'amico, «guidato» nella conversazione dagli investigatori, prova a strappargli un indirizzo. Ma ogni volta che sfiora l’argomento Rudy Hermann si irrigidisce. Parlare di basket («Ti ricordi che partite? Hai talento») serve a tranquillizzarlo. Guede accetta anche di parlare su Skype, si rilassa ma non vuole saperne di dire dove si trova. Allora si cambia strategia. «Senti - gli dice l'amico - io ti credo, lo so che tu sei innocente. Ma se non hai fatto niente devi tornare in Italia, devi parlare con la polizia». Rudy è scettico. L'altro gli dice che gli troverà un avvocato, «posso anche procurarti un lavoro se chiarisci tutto». È una fase delicata, ma dopo altre due ore di trattativa, in piena notte, l'ivoriano si convince. «Torno. Prendo un treno tra un'ora, domani sono lì». Rudy è di parola. Non aspetta nemmeno la mattina per ritirare in un'agenzia i 50 euro che l'amico, su consiglio degli agenti, gli spedisce su internet. Salta sul treno senza biglietto.
All’alba la polizia lo aspetta già a Chiasso. Ma Rudy viene fermato ancora prima, al primo controllo della polizia tedesca: è senza soldi e senza documenti, e gli agenti tedeschi capiscono subito chi è.
Non arriverà in Italia prima di due o tre giorni, ma intanto la sua casa perugina in via del Canerino viene passata al setaccio dalla scientifica: sequestrati spazzolini da denti, indumenti, cappellini, scarpe; rilevata una traccia di sangue nella doccia. Si cerca il Dna da comparare con le feci nel water e con le altre tracce biologiche sulla scena del crimine per chiudere il cerchio. E si aspetta lui per capire, finalmente, cosa è successo quella notte.