Roma - Il provvedimento con il quale il
Csm ha disposto il trasferimento d’ufficio del Gip dell’inchiesta
milanese sulle scalate bancarie, Clementina Forleo, "non può
assolutamente accettarsi, attese le premesse errate dalle quali ha
preso le mosse, le erronee articolazioni procedimentali e,
ovviamente, le conclusioni non condivisibili cui è pervenuto".
Trasferimento burrascoso Questa è la premessa da cui è partita il magistrato per proporre ricorso al
Tar del Lazio, per contestare il suo trasferimento d’ufficio, per
incompatibilità ambientale, da Milano al tribunale di Cremona. E tutto
ciò, dopo una serie di dichiarazioni fatte alla stampa e in televisione
su poteri forti che avrebbero cercato di interferire nel suo lavoro.
Palese mancanza di serenità C’è stata da parte del Csm "una
palese mancanza di serenità di giudizio, a nostro sommesso avviso
fin dalla prima audizione della ricorrente, dai toni inusitati". È
l’accusa contenuta nel ricorso al Tar del Lazio presentato dal Gip di
Milano Clementina Forleo contro il suo trasferimento d’ufficio
deliberato nel luglio scorso da Palazzo dei marescialli. Nel reclamo si
segnalano anche "i numerosi tentativi" da parte dei consiglieri del
Csm e avvenuti "nel corso delle audizioni ai colleghi magistrati, di scovare comportamenti scorretti della ricorrente in relazione alle
vicende più disparate ed irrilevanti". "È evidente che per il Csm, sovvertendosi ratio e spirito della
legge (e male valutando i fatti), la situazione di incompatibilità
ambientale sarebbe stata determinata dalla personalità, ancor prima
che dalla condotta della ricorrente",sottolinea il ricorso; mentre "non rientra nei poteri del Csm esprimere giudizi sulla personalità
del magistrato.
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