Trasferta «proletaria» per i no war del Nord

da Milano

Volevano andare a Roma pagando il biglietto del treno a un prezzo «politico». E alla fine ce l’hanno fatta. Chi 10 euro, chi 15, una sorta di rimborso spese a Trenitalia che in cambio doveva offrire loro il servizio in nome della «libertà di espressione». Sono i giovani dissidenti che ieri mattina sono partiti in massa alla volta della Capitale per manifestare contro George W. Bush.
Dal Nord si sono ritrovati nelle stazioni di Mestre e Milano, mentre si contavano su un paio di mani i «compagni» torinesi. Davanti alla determinazione di Trenitalia, decisa a non scendere a patti ma a concedere solo lo sconto comitiva del 20% concordato con il ministero dell’Interno, i 200 disobbedienti guidati da Luca Casarini hanno occupato i binari della stazione veneta. «Questa è una zona rossa voluta dal governo per impedire una manifestazione di dissenso - ha denunciato Casarini -, questa è la democrazia del centrosinistra». La situazione si è sbloccata verso le 11, quando le Ferrovie hanno ceduto e i no war sono stati fatti salire su un treno per Roma che ha fermato a Padova per caricare gli altri «compagni» veneti. «Non è tanto colpa di Trenitalia - ha continuato il loro leader - quanto di questo governo che usa sistemi sovietici, da gulag».
A Milano, invece, la situazione si è risolta verso le 10. I 150 no global meneghini si sono trovati in Stazione centrale alle 6. E anziché seguire l’esempio dei compagni veneti, hanno occupato direttamente un treno, l’Intercity delle 8.10 diretto a Firenze. E da lì non si sono mossi. «Non si possono spendere milioni di dollari per andare in guerra - urlavano con i megafoni - e non permettere a giovani, precari e migranti che non hanno 50 euro per un biglietto di andare a manifestare pacificamente. Top e piercing le ragazze, cappellino da baseball e jeans lento sul sedere i ragazzi. Quasi avessero indossato la divisa da manifestazione, questi giovani dai 17 ai 30 anni alla fine sono riusciti a conquistare persino le simpatie di uno dei dirigenti della Questura. Quando la trattativa sul prezzo del biglietto era in stallo, perché mancavano 100 euro per raggiungere il prezzo pattuito, il dirigente ha aperto il portafoglio. «Ragazzi ve li presto io». Applausi come a una star, a chi fino a qualche minuto prima era stato accusato di volerli «trattare come bestie». Un piccolo sorriso, situazione sbloccata e Trenitalia che cede ancora, chiude un occhio e restituisce i 100 euro. I malcapitati passeggeri diretti a Firenze sono stati dirottati in un altro convoglio, l’Intercity è stato declassato a espresso-bis per Roma. Unica sosta Bologna, per i no global emiliani. Quelli partenopei sono stati più furbi, hanno scelto il pullman: più economico e meno problematico. L’hanno spuntata per 15 euro andata e ritorno, invece, i «compagni» marchigiani, riuniti in 300 nella stazione di Ancona.

«I treni che stanno viaggiando sono in forte ritardo - si è lamentato Francesco Raparelli del Comitato 9 giugno -, si tratta di un boicottaggio senza precedenti e ora ci toccherà posticipare il corteo».
In serata però Trenitalia ha smentito che ai manifestanti sia stato fatto qualche «sconto»: «Sono state applicate le tariffe previste per le grandi manifestazioni politiche, non c’è stata alcuna trattativa».

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