Altadefinizione

«La trasformazione Oval della finanza hi-tech»

È l'app che aiuta a investire: «Sapere ciò che si spende fa risparmiare. Consapevolmente»

Marco Lombardo

L'era della tecnologia è un'arma a doppio taglio. È l'era delle possibilità, ma può essere anche quella delle fregature. Soprattuto se non si è bravi a maneggiare i prpri soldi. Oval nasce così: è un'app fondata tre anni fa con l'obbiettivo di aiutare le persone a gestire i propri risparmi. In maniera intelligente con prodotti ragionati. «Non siamo dei gestori, ma mettiamo a disposizione la tecnologia perché le persone capiscano le loro spese. E sappiano come riparmiare», spiega Claudio Bedino, uno dei fondatori e Chief operation Officer dell'azienda molto italiana ma con sede a Londra.

Come siete arrivati a Oval?

«Da una da una constatazione: siamo partiti facendo infrastrutture tecnologiche per i crowfunding e quindi vedevamo aziende guidate da giovani che non avevano capitali per finanziarsi. Volevamo che avessero uno strumento per essere padroni del loro destino».

Una generazione che di solito spende ciò che guadagna.

«Infatti. Così abbiamo immaginato un meccanismo di risparmio divertente. Anche se in effetti spendere lo è di più...».

Qui entra in campo l'hitech.

«Esatto. All'inizio la nostra app era solo un salvadanaio digitale. La novità, prima ancora che arrivasse la normativa PSD2, è che permettevamo l'aggregazione di conti e carte di credito sull'app».

Per fare che cosa?

«Avere consapevolezza delle proprie spese. Evidenziamo per esempio quelle ricorrenti. Io, che sono figlio delle generazione in cui si pagava tutto in contanti, pensavo che in quel modo i soldi ti sfuggissero di mano. Invece oggi i micropagamenti ti fregano».

Meglio usare la carta?

«Quella di credito è un male, ma quelle di debito sono tracciabili. E quindi evidenziando le spese con grafici semplici, si ha tutto sott'occhio. E si possono correggere».

Siete consiglieri economici.

«La parte etica non è nostro compito, ma la consapevolezza sì. Diciamo che è l'inizio di un'educazione finanziaria, che poi impari da solo».

La vostra app oggi non è più solo un salvadanaio.

«Si è evoluta profondamente, ora serve per accedere a forme di investimento. Entriamo in una logica dove terze parti possono offrire i prodotti. È un modello distributivo tipo Amazon».

Vantaggi?

«Tutta la parte burocratica la facciamo noi. Ed evitiamo comportamenti sbagliati, tipo aprire più conti correnti. E poi abbiamo Oval Pay e una carta Visa che ha trasformato la logica del cashback in uno strumento di risparmio».

Proponete investimenti?

«No, il portfolio se lo costruisce il cliente. Noi però possiamo spacchettare: il cliente può mettere anche solo qualche decina di euro per entrare in prodotti con tagli mini da centinaia».

E la privacy?

«Siamo molto poco invadenti. E facciamo analisi aggregate».

Non c'è il pericolo di tornare al trading forsennato degli inizi del Duemila?

«Tutti abbiamo perso dei soldi allora e ci è stato di insegnamento. Noi scegliamo solo prodotti di qualità e invitiamo a diversificare. Questo permette di poter investire anche in prodotti più rischiosi».

Senza paura?

«Un livello alto di rischio ci può sempre essere in finanza. Però ad esempio evitiamo le criptovalute per la troppa volatilità. Abbiamo nel capitale gruppo Intesa e quindi un rischio reputazionale».

A proposito di banche: qual è il loro futuro?

«Cambieranno i connotati, ma l'esperienza sul territorio e quella sulla clientela, sarà d'aiuto anche alle fintech.

Io vedo un rapporto di collaborazione».

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