Tre anni fa Benedetto XVI concludeva il suo pellegrinaggio terreno. Un Papa entrato nella Storia per un gesto, quello della rinuncia nel 2013, ma anche per diversi discorsi memorabili. Tra di essi c'è senz'altro la lectio magistralis di Ratisbona nel 2006. Un testo teologico dedicato ai mali dell'Europa che, in un solo ma significativo passaggio, inchiodava l'islam ad un dato di fatto: il suo problema con la violenza. Ratzinger lo attribuiva alla separazione tra fede e ragione che nel cristianesimo, invece, non c'è. La famosa citazione dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo secondo cui Maometto aveva "portato di nuovo (...) soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava" fece il giro del mondo ed infiammò le piazze islamiche contro il Papa. A Mogadiscio venne persino uccisa una religiosa, suor Leonella Sgorbati.
Mentre quel discorso veniva pronunciato nell'università di Ratisbona, il cardinale Gerhard Ludwig Müller sedeva accanto a Benedetto XVI in quanto vescovo locale. "La reazione dei professori presenti in aula fu positiva - ricorda il porporato con il nostro giornale - ma nei giorni successivi venne rilanciata quella sola citazione presentando Benedetto XVI come un nemico della libertà religiosa e i manifestanti islamici, che non avevano letto il discorso, finirono per diventare strumento di questa propaganda antiratzingeriana". Müller non può che constatare che "quelle reazioni paradossalmente confermarono quanto Ratzinger avesse ragione". Lui che lo frequentò fino all'ultimo afferma che "Benedetto XVI non si è mai pentito della lectio di Ratisbona perché ciò che aveva detto era la verità". Basta rileggere il libro-intervista Luce del mondo scritto con Peter Seewald per capire che idea si fosse fatto Ratzinger dopo le proteste islamiche al suo discorso. "È risultato chiaro - sostenne il Papa tedesco nel volume del 2010 - che nel dibattito pubblico l'islam deve chiarire due questioni: quelle del suo rapporto con la violenza e con la ragione".
Non un crociato né un islamofobo: Benedetto XVI era un europeo che alla "sua" Europa poneva il tema concreto della presenza islamica in una società plasmata dalla tradizione greco-romana e con principi scaturiti dalla civiltà giudaico-cristiana. "Secondo Ratzinger - spiega Müller - l'islam contempla concetti di Dio, di società e di Stato molto diversi dai nostri e dunque poneva la questione della compatibilità con la nostra cultura" specialmente sulla condizione della donna. Come rileva don Roberto Regoli, professore di Storia della Chiesa dell'università Gregoriana, "in relazione all'islam, Benedetto XVI chiedeva con fermezza una reciprocità tra cattolici e musulmani, preoccupandosi che alle minoranze cristiane presenti nei Paesi islamici fosse riconosciuta la stessa libertà religiosa che godono i musulmani in Occidente". Una reciprocità che Ratzinger, però, non vedeva dal momento che si lamentava di come persino gli interlocutori islamici più dialoganti non ammettessero il diritto a cambiare religione.
Di fronte alle proteste e alle minacce per Ratisbona, l'Europa lasciò solo il Papa tedesco. L'Ue non votò una mozione di solidarietà e l'allora premier italiano Romano Prodi rispose a una domanda sulla sua sicurezza in maniera sprezzante: "ci penseranno le sue guardie". Benedetto però non se ne pentì, rimanendo coerente alla sua idea precedente all'elezione che l'islam presentasse problemi di compatibilità sia sul piano teologico che politico con l'Europa figlia della tradizione greco-romana e giudaico-cristiana. In un discorso del 1979 a Strasburgo, l'allora cardinale Ratzinger sostenne che "la separazione di fede e legge, di religione e diritto tribale non viene compiuta nell'islam e non è neppure effettuabile senza che si tocchi la sua stessa essenza".
Lo descrisse come espressione di un monoteismo "che si chiude ugualmente alla razionalità greca e alla sua cultura", dunque ai valori fondanti stessi dell'Europa. L'allarme dell'ultimo Papa europeo sulla sfida rappresentata dall'islam per il vecchio continente, però, è rimasto inascoltato. Soprattutto a Bruxelles.