TRE DUELLI PER UNA COPPA

Inseguire un campionato del mondo aggrappati alle spalle di sei macisti. Sei bronzi per un oro, vedremo dove sta il metallo vero. Non c’è contrapposizione più identificativa fra Italia e Francia di quella che mette di fronte Cannavaro e Thuram. L’uno ha tutta la fantasia, la grinta, la furbizia italiana, l’altro ha lo charme, l’eleganza, quel pizzico di snobismo francese. Nel trio francese e in quello italiano c’è soprattutto la colonna vertebrale di due squadre e di una partita. Se poi la Francia ha lo Zidane che vale il prezzo del biglietto e nell’Italia c’è il Totti del «se ci sei batti un colpo», il resto prende forma inseguendo il giocare leggero ma efficace di Pirlo, la presenza da carro armato di Vieira, temendo il veleno di Henry o le spallate di Toni. Proprio nel confronto del duo d’attacco si invertono le parti: Henry ha potenza e astuzia, si infila nell’area più che sfondarla. Toni è la controfigura di certi giganti nostri della storia, con meno classe e minor talento. L’attaccante italiano per eccellenza non è un armadione, quello francese solitamente è molto fumo e poco arrosto al contrario di Henry.

Se poi Vieira rappresenta un totem, Pirlo rappresenta l’estetica tutta italiana del gioco del pallone. Non a caso è stato forse il miglior centrocampista del mondiale: bello e talvolta impossibile per gli altri. Detta così Francia-Italia è almeno da match pari.

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