Tre genovesi per il monumento di Nassirya

I «menhir» saranno circondati da alberi segno della vita che vince anche la morte e la sofferenza causate dalla guerra

Tre genovesi per il monumento di Nassirya

Il monumento nazionale per il ricordo dei martiri di Nassiriya si farà anche grazie a tre genovesi. Gli architetti Enrico Pocopagni e Maurizio Costacurta, insieme con il geometra Paolo Pittaluga, fanno parte del gruppo di lavoro che si è aggiudicato il concorso bandito dalla Provincia di Roma insieme con il Comune e la Regione Lazio per la realizzazione di un’opera finanziata dal ministero per i Beni Culturali con un milione di euro. Il gruppo - formato anche dallo scultore milanese Giuseppe Spagnulo, dall’architetto Lucio Agazzi e da suo figlio Nicola, dottore in architettura e dal light designer Gabriele Amadori - ha presentato il progetto di un monumento che è piaciuto anche ai familiari dei caduti. In un momento in cui troppe città non hanno ancora reso omaggio alle vittime di una gravissima tragedia, Roma premia la creatività genovese.
«In quei giorni, dal 12 novembre 2003 - spiega l’architetto Costacurta - lo sdegno ha scosso le anime di tutte le persone sensibili, sconvolgendone il rapporto con la quotidianità, distruggendo la certezza che, anche nella lotta per la libertà e per l’affermazione dei principi democratici, la considerazione per la vita umana fosse un valore rispettato a tutte le latitudni». Nasce così l’opera che ha come titolo «La foresta d’acciaio», semplice e struggente nella sua semplicità, che verrà inaugurata a Roma entro il prossimo anniversario della strage irachena, lungo il viale interno al parco Shuster che ha origine sul fianco laterale della basilica di San Paolo fuori le mura. I creatori del progetto hanno ideato diciannove Menhir (antichi simboli funarari), colonne di acciaio forgiato alte 4 metri, che verranno appoggiate sul manto erboso all’interno di un’ellisse in travertino, circondata da panche senza schienale da dove l’opera potrà essere ammirata. I 19 blocchi di acciaio (uno per ogni vittima dell’attentato), sono poggiati su una lastra di marmo nero, che simboleggia la morte e la sofferenza di tutte le guerre, iscritta nell’ellisse bianco che, invece, come un uovo simboleggia la vita. I menhir verranno realizzati grazie alla maestria dell’artista Spagnulo, noto per la lavorazione dei metalli, in acciaio pieno forgiato, arroventati e raffreddati «come meteoritiche presenze corrose dall’usura di millenni e rivestiti di secoli di storia trascorsa, eterni», dice la relazione di presentazione del progetto.
Che continua: «La vita, destinata a spezzarsi e persa coraggiosamente in una folle guerra, si rigenera nella memoria, ripristinata nel percorso che qualsiasi uomo intraprenderà all’interno della foresta di acciaio, attraveso il cammino sospeso, attraverso ilr icordo, tra i pezzi monolitici eretti, potenti, immortali, simbolo del coraggio e l’animo di uomini che hanno dato la propria vita alla storia e della crudezza della guerra». Il gruppo dei genovesi ha superato con questo progetto un bando di concorso al quale avevano partecipato 150 gruppi.

«Intorno all’opera verranno piantati alberi, segno della vita che, nonostante il lutto e il sacrificio continua a sbocciare - spiega ancora l’architetto Costacurta - da qui il titolo del monumento». Roma sta per avere, grazie anche alla maestria di tre genovesi, un nuovo monumento d’arte, ma soprattutto un ricordo per i martiri dei nostri giorni.

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