da Bruxelles
Allultimo passo prima del baratro, lEuropa prova a ricucire sia pure con materiale assai poco nobile. Troppe le ragioni che spingevano a una intesa, come spiega un diplomatico olandese: Chirac e Schröder, dopo i ceffoni ricevuti in patria, non potevano subire lonta di una nuova sconfitta. Blair daltra parte già dalla prossima settimana si troverà sul ponte di comando della Ue. Se fosse prevalsa la rottura, cosa avrebbe guidato per i prossimi 6 mesi? Un ring?
Ma forse al di là di queste pur rispettabilissime interpretazioni, a giocare di fino è stato il lussemburghese Juncker che, pian piano, ha colmato la sua rete, promettendo un po meno di spese a Olanda e Svezia, concedendo allItalia alcuni miliardi di euro per il Mezzogiorno, salvaguardando gli interessi dei nuovi, acquietando le ansie di spagnoli e portoghesi. Un lavoro di cesello che in realtà ieri mattina pareva dover finire nel cesto della carta straccia. Quaranta minuti di faccia a faccia con Blair per capire se era davvero irremovibile nella difesa dello sconto inglese. La risposta del premier britannico lo gelava: «La nostra posizione non è cambiata». E a rincarare la dose ci pensava il portavoce di Downing Street: «Solo un miracolo ormai può salvare il budget 2007-2013». Intorno, volti cupi e pessimismo come grandine. Tanto che il primo ministro svedese Goran Persson provava a risollevare gli animi sostenendo che in definitiva non sarebbe stato un gran male un rinvio: «Non cè fretta. Meglio perdere un anno ma continuare a negoziare».
Solo che a questo punto - dopo i «no» alla Costituzione di francesi e olandesi - sarebbe risuonata in Europa una campana a morto per la Ue. A segnalare tra laltro anche la fine politica tanto di Chirac che di Schröder, cui intanto arrivavano le accuse di Blair che parlava di «dibattito vecchio su temi superati come lagricoltura» mentre tutto spinge verso una profonda modifica del budget, indirizzandolo verso la ricerca, linnovazione, le infrastrutture. Negava tra laltro Blair di rappresentare la fine dellEuropa sociale: «Noi spendiamo molto proprio sul terreno sociale, ma bisogna farlo in modo nuovo, non finanziando le aziende agricole».
Ci voleva un miracolo, anche perché Chirac a sua volta contrattaccava prendendo di petto lo sconto inglese, sostenendo che era vergognoso che Londra reclamasse rimborsi a Paesi ben più poveri di lei. E il miracolo alla fine cè stato, anche se si fa strada a fatica a sapere la preghiera di chi sia stata accolta in cielo. Fatto sta che mentre tutti i leader avevano ordinato ai rispettivi staff di far accendere i motori degli aerei che li avrebbero ricondotti a casa, Juncker chiedeva un ricorso ai «confessionali»: i faccia a faccia col premier Ue per trovare una scappatoia. Nessuno si chiamava fuori e così, dopo un pranzo contrassegnato ancora da qualche asperità, si aprivano nuove discussioni tecniche. Prima di riprendere per lultimo round in plenaria. Era a questo punto che spuntavano un paio di ipotesi: la Gran Bretagna avrebbe potuto rinunciare allincasso dello sconto da parte dei nuovi 10 soci, e una parte dei finanziamenti alla Pac, e più esattamente la quota da riservare dal 2007 a Romania e Bulgaria, sarebbe stata cofinanziata dai governi. Non che sia gran cosa. Due piccole mance. E però intanto il muro contro muro mostrava una piccola ma importante crepa. Juncker intanto aumentava il rimborso al sud Italia di 3 miliardi di euro lanno, concedeva uno sconto nei pagamenti a Olanda e Svezia, salvaguardava i fondi allagricoltura spagnola.
La quadratura del cerchio ancora non cè visto che a tarda sera il confronto proseguiva. Ma il segnale che esce dal summit, comunque, è che la Ue resta in rianimazione.
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