Economia

Tremonti bond, Tesoro e credito verso l’ok

Mentre Wall Street è rimasta chiusa per festività, sulle Borse europee si è consumata un’altra giornata di passione per le banche che, dopo le perdite registrate la scorsa settimana, confermano così la nuova fase di crisi acuta, che segue quella dello scorso anno inaugurata a settembre con il fallimento di Lehman Brothers.
Ieri a innescare l’ondata di vendite è stata la notizia che Royal Bank of Scotland (Rbs), come annunciato dallo stesso istituto in attesa dei dati ufficiali del 26 febbraio, dovrebbe chiudere il 2008 con perdite comprese tra i 7 e gli 8 miliardi di sterline. Tuttavia, tenendo conto degli oneri legati soprattutto all’acquisizione di Abn Amro nel 2007, il rosso potrebbe salire fino a quota 28 miliardi di sterline, cifra record per la storia delle imprese britanniche, che supererebbe anche i 17 miliardi di sterline di perdite totalizzati da Vodafone nel 2006. Senza appello la reazione alla Borsa di Londra, dove le azioni Rbs hanno chiuso in caduta libera del 66,57% a 11,60 pence. Non solo, Rbs ha annunciato di avere raggiunto un ulteriore accordo con il Tesoro britannico, in base al quale quest’ultimo, che già lo scorso ottobre era entrato in possesso del 58% della banca, dovrebbe salire al 70% circa, convertendo azioni privilegiate in titoli ordinari.
La mossa, in realtà, rientra nel nuovo piano, a distanza di tre mesi dal precedente, messo a punto da Londra e annunciato ieri mattina dal premier Gordon Brown e dal cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling per mettere in salvo le banche e stabilizzare i mercati finanziari. Le nuove misure, ha spiegato Brown, si differenziano dalle prime, che puntavano a ricapitalizzare le banche, perché mirano a «a far ripartire il credito», mentre i miliardi di sterline che verranno elargiti agli istituti risultano «difficilmente quantificabili».
Il piano in sé, osserva un analista, è positivo, ma «la perdita record di Rbs fa temere che siano molti gli scheletri ancora chiusi negli armadi delle banche europee». Questo potrebbe essere il motivo per cui ieri i titoli finanziari, dopo un avvio positivo, intorno a metà giornata hanno invertito con decisione la tendenza. Sempre nel Regno Unito, Lloyds ha ceduto il 34% circa a 65 pence mentre Hsbc ha limitato i danni a un ribasso del 6,50% chiudendo a 501 pence.
In Germania è proseguito il momento negativo per Deutsche Bank e Deutsche Postbank, che hanno ceduto rispettivamente il 10,60% a 17,90 euro e il 13,29% a 7,50 euro. Le principali banche irlandesi, scontando tra l’altro la notizia delle dimissioni del numero uno di Bank of Ireland, Brian Goggin, sono letteralmente crollate. La stessa Bank of Ireland ha segnato una flessione del 54,67% a 0,34 euro, mentre Allied Iirish Bank è scesa del 58,62% a 0,60 euro.
Anche sul listino di Piazza Affari le flessioni maggiori sono state a carico delle banche: il Banco Popolare ha ceduto il 6,92% a 4,5 euro e Unicredit il 6,81% a 1,45 euro, tornando così su livelli che non si vedevano dal 1997: oggi il comitato governance sarà chiamato a una riflessione in vista del rinnovo del cda mentre non è ancora in agenda un nuovo summit delle fondazioni azioniste. «Le vendite sulle banche - commenta l’analista di Intesa Sanpaolo Manuela Meroni - sono state generalizzate per il riacutizzarsi a livello internazionale della fase di crisi del credito.

In Italia Unicredit ha fatto registrare una delle peggiori performance perché tra i titoli nostrani è quello più presente nei portafogli dei grandi investitori e negli indici internazionali».

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