Tremonti: «Manovra correttiva? Ne riparliamo nel 2013-14»

Durante la crisi il governo italiano «ha agito saggiamente», le banche non hanno attuato politiche creditizie «inopportune», e ora il Paese gode di «una buona credibilità sui mercati finanziari». Nel suo italiano reso più rotondo dall’inflessione spagnola, il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurrìa, ha appena finito di parlare alla conferenza di presentazione dell’ultimo rapporto sull’Italia dell’organizzazione parigina. Giulio Tremonti prende subito la palla al balzo: «Mi pare che l’esame lo abbiamo superato». Esordisce con una battuta, il ministro dell’Economia, propedeutica alla seconda, quella in cui un’auto con una famiglia a bordo è bloccata sui binari: «Le persone normali fanno il tifo per la famiglia, le altre per il treno». Ottimismo cercasi. Merce rara da queste parti, a giudizio del ministro, dove sembra che «solo le cose cattive facciano notizia».
È un Tremonti un po’ contrariato, insomma. Soprattutto davanti agli interrogativi che finiscono, inevitabilmente, per convergere sulla necessità di una manovra di correzione dei conti pubblici. Argomento cui è già stata data riposta, ma comunque da trattare con le pinze. In ascolto c’è la speculazione, quella speculazione che secondo l’Fmi non c’è «ma che invece esiste - dice Tremonti - ed è responsabile delle fiammate dei prezzi delle materie prime e del petrolio». E l’Italia, così dipendente dal greggio perché senza l’atomo, ne paga le conseguenze. La questione è un po’ come il motto «Uno per tutti, tutti per uno» di Dumas, «ma a rovescio: chi ha il nucleare ha vantaggi locali molto forti, chi non lo ha non ha vantaggi e ne paga i costi. Prima o poi dovremo farci i conti».
È evidente che, in prospettiva, un elevato livello di inflazione potrebbe complicare l’azione di risanamento dei conti pubblici. Tassi più alti (la Bce si è già mossa e lo farà ancora) possono significare minori consumi e minori investimenti, e dunque un gettito inferiore. L’Ocse non nasconde l’eventualità che una manovra aggiuntiva possa rendersi necessaria attraverso un ulteriore taglio della spesa e un aumento della pressione fiscale per riportare il rapporto deficit-Pil al 3%. L’Italia non può far conto su una crescita brillante, destinata a tornare sui livelli pre-crisi non prima del 2014, stima l’Ocse. In base alle proiezioni, il Pil dovrebbe crescere in media dell’1,4% nel triennio 2010-12, ovvero dell’1,2% quest’anno e dell’1,6% il prossimo. «Manterremo gli impegni - promette Tremonti -: seguiremo il percorso della riduzione del deficit e del debito. Come tutti dobbiamo fare qualcosa di più anche se l’Italia qualcosa di meno rispetto agli altri». In ogni caso, «tutta Europa sta correggendo e correggerà i conti pubblici, non mi sembra una novità», ha aggiunto il ministro, confermando che per l’Italia il riaggiustamento è previsto per il biennio 2013-2014.
Certo, come suggerisce l’Ocse, qualcosa di più può essere fatto per favorire la crescita, agendo su un insieme di politiche macroeconomiche e strutturali. Tremonti affronta il problema delle piccole imprese, quelle che affogano «se l’acqua sale», e per le quali è stato istituito il fondo strategico che non le obbliga a fondersi ma che «è un incentivo a farlo»; parla del regime di fisco agevolato per invogliare le imprese a «venire o tornare in Italia», mentre il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ricorda come «il recente decreto legge di riforma dell’apprendistato soddisfi le richieste dell’Ocse su un maggiore collegamento tra mondo del lavoro e scuola».

Il resto va fatto legando sempre più i salari alla produttività e accelerando, quindi, nella direzione di una «più intensa contrattazione aziendale». Chiude il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, contraria a un aumento delle tasse universitarie: dopo la riforma con cui sono stati «tagliati gli sprechi e gli sperperi» il giro di vite non serve.

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