I suoi interrogatori fiume hanno messo nei guai parecchia gente: dirigenti della sanità pubblica, imprenditori, assessori, persino deputati. E fatto tremare i potenti dellex governo del Lazio. Il consigliere regionale di Forza Italia Giulio Gargano, in carcere dal luglio scorso, continua dalla cella a gridare la propria innocenza. Sulla testa del deputato forzista Giorgio Simeoni pende una richiesta di arresto. Ora, però, nella credibilità di Anna Iannuzzi, la regina della sanità in convenzione, cominciano ad aprirsi le prime crepe.
Sono i giudici del Riesame a darle poco credito, contrariamente a quanto hanno fatto i magistrati della Procura, che sulle parole di Lady Asl hanno costruito un castello di accuse. «Gravi limiti di credibilità, coerenza, costanza e precisione», scrivono di lei. Per i giudici non si può tenere in carcere qualcuno in base a certe sue dichiarazioni. I malcapitati in questione sono Marco Buttarelli, ex commissario straordinario dellIpab San Michele e ex capo di Gabinetto di Francesco Storace, e Francesco Vaia, direttore sanitario dellAsl RmC, accusati di associazione a delinquere e corruzione. I due, infatti, lo scorso 10 agosto hanno ottenuto i domiciliari. Secondo i pm avrebbero intascato mazzette proprio dalla Iannuzzi. Ma il Tribunale del Riesame non è daccordo, in particolare per quanto riguarda la posizione di Buttarelli: «Non è configurabile il reato di corruzione come contestato». Circostanza questa, si legge nellordinanza, che deriva appunto dai «gravi limiti di credibilità, coerenza e precisione delle dichiarazioni della Iannuzzi, in merito al carattere postumo (rispetto allacquisto di unauto, una Jaguar, fatto da Buttarelli) della dazione di denaro di 75mila euro». Quei soldi, dunque, non sarebbero stati una tangente che avrebbe permesso a Lady Asl di ottenere una convenzione per la riabilitazione nella sua struttura privata, la clinica San Michele. Lacquisto dellauto sarebbe avvenuto prima della consegna del denaro. Buttarelli non ha negato di aver ricevuto soldi dalla Iannuzzi: i 70mila euro, però, sarebbero stati versati volontariamente dalla donna come contributo elettorale. Certo è che per i giudici lex capo di Gabinetto «era estraneo agli uffici e agli organi» che emanarono la delibera favorevole alla Iannuzzi. Difficile per loro a questo punto configurare la corruzione. Idem per Vaia.
Nel tratteggiare la figura di Lady Asl i giudici si spingono oltre: «Il collegio non può esimersi dal rilevare che la pluralità degli interrogatori resi dalla stessa, più che ricondursi ad una genuina, spontanea e costante volontà collaborativa, deve collegarsi alla pluralità sterminata degli affari illeciti gestiti dalla dichiarante in un ampio arco temporale, alla complessità dei meccanismi e ostacoli burocratici da superare, alla difficoltà di coinvolgere alcuni soggetti, ma soprattutto alla necessità degli inquirenti di ottenere precise dichiarazioni, superamento di contraddizioni e reticenza». Non che i giudici dubitino della spontaneità della Iannuzzi e della sua volontà di dare un contributo alle indagini, ma non possono certo trascurare la sua «faticosa, confusa, stentata ed estenuante modalità dichiarativa». La Procura ovviamente dissente, e i magistrati sono pronti ad impugnare la decisione in Cassazione.
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