Gianluigi Nuzzi
Consulenti tecnici nominati in processi da deceduti, specialisti dellanca chiamati a discettare su un trapianto di fegato, esperti del rumore scambiati per grafologi, parcelle regolarmente spedite in Procura ma non pagate da oltre sei mesi. È una situazione sempre più confusa quella che incontra in tribunale chi deve affrontare un processo o una causa dove sono presenti consulenti tecnici dufficio (Ctu, nominati dai giudici) o di parte (scelti da avvocati e pubblici ministeri).
Lennesimo grido dallarme viene da Caterina Apostoliti, giudice della quinta civile. Il magistrato, intervenendo a un convegno sulla responsabilità civile e penale del Ctu dalla Federazione italiana periti esperti e consulenti tecnici (Fipec), ha fotografato la situazione. «Innanzitutto vi è il problema della tenuta e dellaggiornamento dellalbo dei Ctu - ha esordito -. La commissione preposta alla valutazione delle domande di ammissione allalbo si riunisce periodicamente ed esamina le proposte, ma lalbo, attualmente ancora in versione cartacea, è fatto oggetto di ristampa con cadenza pressoché decennale; da ciò deriva che un consulente che abbia ottenuto liscrizione dopo il gennaio 1999 sicuramente non appare nellalbo di cui, per esempio, è dotato il mio ufficio (la cui stampa risale al 1998)». Insomma, i giudici nemmeno hanno una lista con i nomi dei consulenti aggiornata. Ciò determina situazioni kafkiane come «Il pellegrinaggio dei consulenti nelle stanze dei singoli giudici, per di dotarli di copia del provvedimento di ammissione allalbo e di relativo curriculum».
Bisogna aggiungere anche i problemi quotidiani. Le cancellazioni e le specializzazioni: «Capita di frequente - ammette la Apostoliti - di nominare dei consulenti risultanti dallalbo che in realtà sono deceduti da tempo. Capita che il giudice chiama a casa del consulente e si sente rispondere: "Sono la vedova, mio marito è mancato sei anni fa". Vi è poi il problema della mancanza di precisione nelle annotazioni dellalbo». Con un via vai di specialisti nominati per processi che richiedono competenze ben diverse: «Dato che la richiesta di iscrizione fa riferimento a categorie professionali o merceologiche generiche, con conseguente impossibilità di verificare la sussistenza dei requisiti di specializzazione richiesti dal caso concreto». E che accade? «Dalla mia esperienza: la mera dizione "chirurgia" accanto al nominativo di un consulente non risulta di grande aiuto a seconda che sia da indagare la corretta esecuzione di unartroprotesi dellanca piuttosto che di un trapianto di fegato». Si creano così enormi perdite di tempo: «Come passare lintero pomeriggio a cercare un consulente tecnico specializzato in un materia, appunto sullanca per poi rintracciarne uno esperto in chirurgia vascolare che poco o nulla sa di ossa». Altri problemi: «Consulenti che ritirano la documentazione e per anche due anni non si fanno vivi per poi essere cancellati dallincarico senza restituire gli atti; periti che negli elaborati rispondono a quesiti non posti, ma a domande non si sa da chi rivolte».
A chiedere regolamentazione è quindi Michele Sorbara, presidente della Fipec che rivolge un invito alla magistratura milanese: «Chiedo ai giudici di rivedere insieme gli albi in loro possesso, aggiornandoli e arricchendoli con le specializzazioni di ogni Ctu, i recapiti e le qualifiche». L invito è sostenuto anche dal presidente degli avvocati Paolo Giuggioli pronto ad avviare una collaborazione con la Fipec, in attesa dellistituzione dellalbo nazionale. E qui si attende la discussione del disegno di legge con primo firmatario il sottosegretario dellInterno Michele Saponara. Nella sua relazione ha affrontato il problema della responsabilità civile: «Il più delle volte il parere del Ctu - sostiene Saponara - è determinante nella decisione del giudice, ancorché questo sia ritenuto "peritus peritorum". Da qui la necessità di un Ctu qualificato, tutelato e disciplinato dallAlbo, ad evitare che i giudici nominino sempre gli stessi».
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