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Tribunale/1

RomaNon c’è aria di boicottaggio alla Procura di Roma. Le nuove norme sull’immigrazione ci sono e vanno fatte rispettare, senza preclusioni di ordine ideologico. I magistrati della capitale non condividono l’atteggiamento di quei colleghi che si sono schierati apertamente contro il reato di immigrazione clandestina - cercando talvolta di aggirare l’applicazione della nuova legge con mille cavilli - e sin dalla sua entrata in vigore si sono rimboccati le maniche per far fronte all’ingente quantità di fascicoli che si sta riversando sui tavoli delle toghe competenti. Qualcuno potrà anche non condividerla sul piano personale, ma è una valutazione che rimane fuori dagli uffici. «Non dobbiamo dare indirizzo politico alla soluzione di questo problema, ma soltanto fare i processi», spiega il procuratore aggiunto Leonardo Frisani.
Non nasconde, il magistrato, che le norme sull’immigrazione spesso si traducono in una grossa mole di lavoro giudiziario con uno scarso effetto concreto. «Sono state varate delle norme - spiega meglio Frisani - che di fatto non producono il risultato che dovrebbero produrre». Ci sono problemi interpretativi, che talvolta creano qualche intoppo. Innanzitutto è necessario distinguere tra il reato di ingresso clandestino, che prevede la sola pena pecuniaria ed è di competenza del giudice di pace, e la violazione dell’obbligo di allontanarsi dal territorio dello Stato, che è di competenza del Tribunale ordinario e consente l’arresto. All’imputato che viene contestato questo secondo reato andrebbe naturalmente contestato anche il primo, e quindi sarebbe stato opportuno mandarli entrambe davanti al giudice ordinario, per attrazione del reato più grave. Invece si è pensato di lasciarli indipendenti, con la doppia competenza, creando un aggravio di lavoro. E poi c’è il problema dell’espulsione, che è una procedura amministrativa: nella sentenza il giudice la autorizza, ma difficilmente viene eseguita. Nessun orientamento imposto dall’alto, dunque, alla Procura di Roma, ma solo una rigida riorganizzazione del lavoro in modo da non farsi cogliere impreparati dall’ondata di nuovi procedimenti. Un lavoraccio, impostato dal procuratore aggiunto Achille Toro, che coordina il lavoro dei viceprocuratori onorari cui spetta il primo controllo di legittimità sull’ammissibilità delle procedure. «Questi processi - dicono a piazzale Clodio - si risolvono con un gran numero di condanne, qualche assoluzione e numerosi patteggiamenti». La norma, piaccia o non piaccia c’è.

E chi la ritenga illegittima, suggeriscono i magistrati romani, può sempre rivolgersi alla Corte costituzionale.

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