Rodolfo Parietti
da Milano
La Bce «è pronta a muoversi in qualsiasi momento». Ci sono sempre meno sfumature nel linguaggio di Jean-Claude Trichet: è il momento dei segnali forti e chiari, in grado di mettere i mercati sullavviso che il rialzo dei tassi è ormai vicino. Poco importa se ieri, per il 29º mese consecutivo listituto centrale, ha lasciato invariato il costo del denaro al 2%, un livello considerato ancora «appropriato». Con le crescenti spinte inflazionistiche, destinate probabilmente a non essere transitorie a causa del caro-petrolio, e con la liquidità a livello di guardia, sembra davvero avere i giorni contati limmobilismo che ha caratterizzato la Bce dal giugno 2003 fino a oggi.
Per quanto inequivocabili, le parole di Trichet non hanno però convinto del tutto i mercati, che alla vigilia contavano su dichiarazioni ancor più puntuali sul timing di intervento della Bce. In particolare, erano attese conferme allipotesi - peraltro sempre più accreditata - che la stretta arrivi a dicembre. In mancanza di conferme, leuro è scivolato sotto quota 1,20 dollari anche in conseguenza delle preoccupazioni sullandamento dellinflazione Usa espresse dal presidente della Federal Reserve, Alan Greenspan. Ciò potrebbe preludere a un atteggiamento ancora più aggressivo da parte dellistituto di Washington, soprattutto se Ben Bernanke, dal prossimo febbraio al timone della Fed, decidesse di istituire un inflation targeting sul modello Bce.
Che il dibattito sullopportunità di dare un giro di vite ai tassi sia da tempo in corso ai piani alti dellEurotower, è comunque fuor di dubbio. Un po meno scontato il fatto che, sul quando muoversi, non vi siano divergenze allinterno del board, anche se Trichet ha precisato che la decisione di non toccare il costo del denaro è stata presa «allunanimità». Eppure, il quadro congiunturale presentato dal banchiere francese è quanto di meno positivo si possa immaginare, se si esclude il rafforzamento dellattività economica che dovrebbe portare «una graduale ripresa a partire dalla seconda metà dellanno». Il rincaro dei prezzi del greggio non solo ha spinto linflazione al 2,5%, ben oltre la soglia del 2% fissata dalla banca centrale come limite, ma rischia di impedire un raffreddamento dei prezzi nel breve periodo. «Il mercato si aspetta che i prezzi del petrolio restino elevati - ha detto Trichet -, spinti soprattutto dalla sostenuta domanda mondiale e in parte dalle rigidità sul lato dellofferta. Questo - ha continuato - suggerisce un impatto più duraturo dei prezzi dellenergia sullo sviluppo generale dei prezzi».
Se è dunque vero che lattuale politica monetaria è considerata al momento appropriata, è altrettanto vero che «i rischi sullinflazione sono al rialzo». Fino al mese scorso, al contrario, la Bce faceva affidamento su un ridimensionamento delle quotazioni petrolifere tale da poter spegnere le fiammate inflazionistiche. Ora lo scenario è cambiato, e cè il rischio di «un potenziale passaggio dei rincari del petrolio fino alla catena dei prezzi al consumo superiore a quanto osservato finora». Se finora la Bce ha tenuto fermo il costo del denaro, ciò è proprio dovuto allassenza di tensioni sulle componenti core (quelle cioè depurate da energia e alimentari) e sulla dinamica delle retribuzioni.
Allorizzonte, tuttavia, si profila unaltra insidia: un ulteriore aumento dei prezzi amministrati e delle imposte indirette. «Per questo - ha spiegato Trichet - è necessaria una forte vigilanza».
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