«Troppa fretta sull’ok ai bilanci» E i magistrati ascoltano Parisi

«Troppa fretta sull’ok ai bilanci» E i magistrati ascoltano Parisi

RomaOrmai non ci crede più nessuno che l’affaire Margherita sia circoscritto all’appropriazione indebita di 13 milioni ammessa dall’ex tesoriere Luigi Lusi per interessi personali. Sicuramente non ci credono i magistrati della Procura di Roma, che se da una parte trattano ancora con l’avvocato Luca Petrucci per raggiungere un accordo sul patteggiamento, dall’altro hanno deciso di allargare l’inchiesta a tutto il partito e di dare un’accelerazione alle indagini, che ora puntano anche oltreoceano.
Il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il pm Stefano Pesci hanno convocato ieri mattina a piazzale Clodio come persona informata sui fatti l’esponente Pd Arturo Parisi, che per primo e in più occasioni, anche nel corso dell’ultima assemblea del partito per l’approvazione del rendiconto 2010, aveva lamentato l’«opacità» di alcune voci di bilancio e rilevato «somme consistenti in uscita», chiedendo inascoltato chiarimenti. Il faccia a faccia con i magistrati è durato circa due ore. Parisi ha ribadito quello che ha già raccontato pubblicamente nei giorni scorsi e cioè che le prime perplessità sulla gestione dei conti della Margherita risalgono al 2009 e hanno riguardato, tra l’altro, i tre milioni e 800mila destinati al finanziamento delle primarie, di cui soltanto una minima parte sarebbero stati utilizzati allo scopo, visto che l’entourage del capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini ha dichiarato di averne ricevuti soltanto 249mila euro. Ma nessuno, a quanto pare, si prese mai a cuore la denuncia dell’esponente Pd facendo cadere nel vuoto nel maggio 2011 la sua richiesta di sospensione dell’assemblea. Parisi ha raccontato che venne deciso di istituire una commissione di verifica, che però si riunì una sola volta andando deserta.
Gli inquirenti vogliono capire anche perché lo scorso dicembre la Margherita certificò la regolarità dei bilanci relativi agli anni 2009 e 2010 nonostante il ricorso presentato da Enzo Carra e Renzo Lusetti il 15 luglio del 2011 al Tribunale civile di Roma per contestare le procedure di approvazione dei rendiconti. Perché, è la domanda che si pongono ora i pm, nessuno nella Margherita ebbe voglia di andare a fondo? Sembra incredibile che Lusi abbia avuto mano libera in tutti questi anni e sia stato in grado, senza che nessuno si accorgesse di nulla, di usare i soldi dei rimborsi elettorali come fossero suoi per comprarsi alloggi di pregio e per trasferirli, in parte, a società a lui riconducibili. Il nucleo di polizia tributaria della Finanza ha scoperto che una parte del denaro Lusi l’aveva messa al sicuro in Canada, paese d’origine di sua moglie. E ora i magistrati potrebbero chiedere una rogatoria alle autorità canadesi per capire a cosa sono servite quelle cifre e se attraverso giri societari altri fondi riconducibili al partito siano finiti all’estero. La Procura sta ultimando l’acquisizione della documentazione bancaria dei conti gestiti dall’ex tesoriere per accertare se dalle sue società, la canadese Luigia srl e la Ttt, siano transitati soldi provenienti anche da diversi capitoli di bilancio. Al più presto verranno convocati a piazzale Clodio altri esponenti del vecchio partito. Tra questi Lusetti, Carra e i firmatari del ricorso presentato al Tribunale civile. I pm potrebbero decidere più avanti di ascoltare anche Dario Franceschini. Sarà chiamato a spiegare pure Paolo Piva, la «testa di legno» di Lusi nella Ttt. A seguire tutti coloro che potranno aiutare gli inquirenti a capire come sia stato possibile muovere cifre così considerevoli all’insaputa dei vertici del partito senza che neppure i revisori dei conti notassero nulla di anomalo nella compilazione dei bilanci. Il dilagare degli accertamenti pare non spaventare il leader di Api Francesco Rutelli, che per primo è stato convocato dai magistrati dopo che la Banca d’Italia aveva segnalato un’anomalia dietro all’acquisto dell’appartamento di via Monserrato e che ha subito preso le distanze dall’ex tesoriere sul quale riponeva, per sua stessa ammissione, la massima fiducia.
Le indagini non ostacolano il lavoro di «diplomazia» dell’avvocato Petrucci che sta cercando di raggiungere un accordo con la Procura in vista del patteggiamento che farebbe uscire di scena l’ex tesoriere con una pena minima, sempre che riesca come promesso a restituire almeno una parte della somma sottratta. Perché non è detto che questo sarà possibile.

La fidejussione di 5 milioni proposta da Lusi è stata infatti ritenuta inadeguata dalla Margherita. «Allo stato non c’è alcun termine per un accordo», dice l’avvocato Titta Madia. E se nei prossimi giorni non arriverà una garanzia congrua i pm potranno decidere di sequestrare i beni dell’ex tesoriere.

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