"Troppe tasse, ora gli italiani chiedono tagli"

Il presidente dei commercianti Sangalli invoca migliore qualità di servizi e la fine della "gogna" contro lo scontrino fiscale. Uno studio di Confcommercio rileva che il 59% degli italiani ritiene insostenibile la pressione fiscale. L’Ici tassa più odiata, poi l’Iva e l’imposta sui rifiuti. Sotto accusa sprechi statali e spesa pubblica. In tre su quattro convinti che la Finanziaria sia un fallimento

"Troppe tasse, ora gli italiani chiedono tagli"

Roma - Gli italiani sono convinti di pagare troppe tasse. E sono sicuri che dietro questo sacrificio ci sia solo una spesa pubblica eccessiva e cattiva. In altre parole, secondo un sondaggio realizzato dalla Confcommercio, sono a rischio le basi del patto che unisce contribuenti e Stato. Un quadro allarmante soprattutto per chi ha la responsabilità della guida del Paese, che è diventato l’occasione per un botta e risposta tra il presidente dei commercianti Carlo Sangalli e il viceministro Vincenzo Visco, responsabile della politica fiscale del governo Prodi. Il primo, sicuro che la priorità sia abbassare la pressione fiscale, il secondo convinto che si tratti soprattutto di un problema di percezione, visto che il nostro livello di tassazione è nella media Ue.
Fatto sta che per il 59,2 per cento degli intervistati la pressione è troppo elevata. Ancor più consistente la percentuale di quelli che pensano che l’ultima Finanziaria abbia comunque peggiorato la situazione. Ne è convinto il 74 per cento degli intervistati. In generale, oltre due terzi del campione ha usato più del 30 per cento del proprio reddito per mettersi in regola con l’erario. Nel dettaglio, l’Irpef è riconosciuta dal 41 per cento come il tributo più oneroso. Ma in cima alla classifica delle imposte considerate più ingiuste (in particolare dalle famiglie numerose che risiedono nel Centro-Nord) c’è l’Ici, con il 57,3 per cento. Segue l’Iva (43,1 per cento), le imposte di fabbricazione (32,4 per cento) e quelle per lo smaltimento dei rifiuti (30,3 per cento).
Il tutto a fronte di una pubblica amministrazione che continua a sprecare e a gestire male le risorse che arrivano dai cittadini. Quasi tutti gli intervistati sono infatti sicuri che l’alto livello di tassazione dipenda dallo spreco delle risorse da parte della pubblica amministrazione, dall’evasione fiscale, da una spesa pubblica troppo alta e infine dall’elevato livello del debito pubblico.
In sostanza, ha commentato Sangalli, l’analisi degli intervistati è la stessa che fanno commercianti e piccoli imprenditori. C’è un «pericoloso corto circuito» che consiste in un contestuale aumento di tasse e spese. «Gli italiani che lavorano sanno far di conto. Sanno cosa significa, rispetto al loro reddito, il prelievo fiscale e contributivo. Pagano le tasse, ma vorrebbero che tutti le pagassero. Pagano le tasse, ma vorrebbero una migliore qualità dei servizi pubblici. Pagano le tasse, ma vorrebbero che i tanti soldi che versano fossero meglio amministrati».
Visco non nega la necessità di ridurre le tasse. Ma, nel corso dell’incontro che si è svolto a porte chiuse, ha sottolineato che in realtà la pressione fiscale italiana è «in linea con l’Ue». Ogni riduzione deve poi essere fatta in concomitanza con il rientro del deficit perché l’equilibrio di bilancio è un fattore di sicurezza per famiglie e imprese.
C’è poi il capitolo sprechi e spesa eccessiva. Ma secondo Visco, se non tutte le tasse servono a pagare servizi ai cittadini è soprattutto perché c’è la «zavorra» del debito e dei relativi interessi. Visco ha anche difeso l’imposta più odiata, l’Ici, sostenendo che da parte degli italiani c’è «una percezione errata della sua rilevanza. Inoltre è la base della tassazione dei comuni».
Proteste (dei commercianti) e puntualizzazioni (del governo) anche sul capitolo controlli. In particolare Sangalli ha segnalato la vicenda degli scontrini e ha chiesto al viceministro «che senso abbia l’enfasi mediatica, l’insistenza sulla sanzione, troppo spesso sproporzionata, sulla chiusura dell’esercizio commerciale per violazioni contestate ma non ancora definitivamente accertate». Una «gogna» che secondo i commercianti ha poco a che vedere con la lotta al sommerso, che continuano a ritenere una priorità.
Visco ha voluto rassicurare gli esercenti: nel mirino del fisco non ci sono solo loro.

Al contrario l’impegno è quello di «accerchiare» anche le società di capitali, le grandi aziende ma anche i lavoratori dipendenti che fanno un secondo lavoro in nero. E anche sugli studi di settore, Visco ha detto ai commercianti che certamente sono uno strumento da perfezionare. Sono un indicatore di cui sarà tenuto conto per i marginali di alcune osservazioni.

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