La tragedia dell’Abruzzo ha generato una solidarietà nazionale che ha, come precedente, solo l’alluvione di Firenze. L’immediata capacità reattiva della protezione civile e dell’intero mondo del volontariato ha spinto il governo e larga parte delle forze politiche a preannunciare un impegno corale per la più celere e ordinata ricostruzione. Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e lo hanno confermato i leader dell’opposizione. Passato il tempo del pianto e del dolore e superata la prima fase dell’emergenza è giunto il tempo «del fare» come ama dire Berlusconi.
Per fare, però, bisogna trovare le risorse necessarie. Una prima approssimativa valutazione indica il fabbisogno in oltre 10 miliardi di euro. La ricerca di queste risorse ha dato il via alle idee più diverse: la tassa sui presunti ricchi fiscalmente dichiarati tali, un’addizionale Irpef, il 5 per mille, l’utilizzo improprio dei fondi europei e chi più ne ha più ne metta. Le ultime voci provenienti da Palazzo Chigi e dal ministero dell’Economia parlano di utilizzare parte dei fondi presso la presidenza del Consiglio stanziati per rilanciare l’economia. Non ce ne vogliano i leader politici di maggioranza e di opposizione se diciamo con sincera umiltà che tutte le proposte sinora sentite son tutte sbagliate. Anche perché c’è una soluzione semplice e praticabile senza mettere tasse e senza togliere risorse da altri obiettivi altrettanto importanti per il Paese. E veniamo al dunque. Nel nostro sistema c’è una istituzione pubblica che ha come missione principale quella di finanziare la realizzazione di opere pubbliche di comuni e province attraverso mutui a tasso agevolato. Questa istituzione è la Cassa depositi e prestiti seduta su di una montagna di liquidità che supera i 100 miliardi di euro. Essa può erogare mutui a tassi agevolati perché gestisce il risparmio postale i cui rendimenti sono sicuri ma modesti.
Un mutuo quindicennale di un miliardo di euro costa, all’incirca, per capitale ed interesse, 80 milioni l’anno. Un mutuo di 10 miliardi costerebbe, dunque, 800 milioni l’anno. Ed allora la Regione Abruzzo dovrebbe stipulare con la Cassa depositi e prestiti un mutuo di 10 miliardi ed il governo dovrebbe emanare un decreto-legge con il quale garantisce, tra le tante altre misure, per 15 anni alla stessa Regione un contributo annuale per l’appunto di 800 milioni. Se si considera che i 10 miliardi del mutuo non sarebbero erogati in un solo esercizio finanziario perché la capacità di spesa, anche con poteri straordinari messi in testa al presidente della Regione, non supererà i 3 miliardi in ragione d’anno, significa che il costo per il bilancio dello Stato sarà di 250-300 milioni il primo anno, 550-600 milioni il secondo anno e 700-800 milioni dal terzo anno in poi (ed è la nostra una visione ottimistica sulle capacità di spesa). Non sfugge a nessuno che in un bilancio pubblico che ha una spesa annuale di 650 miliardi di euro trovare alcune centinaia di milioni l’anno non è cosa difficile. E non c’è bisogno alcuno né di mettere altre tasse né di togliere all’economia reale le poche risorse già stanziate né di saccheggiare ulteriormente i fondi europei.
Aspettiamo le critiche a questa proposta semplice, praticabile e finanziariamente esaustiva pronti, naturalmente, a fare ammenda dinanzi a ipotesi alternative vere, credibili e innocue per l’economia italiana.
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