«Il truffato sono io Per il partito mi sono rovinato»

«Il truffato sono io, mica Fini. È lui, il partito...che m’hanno fregato 500 milioni». Poco dopo le ore 14 l’imprenditore Antonio Silvestroni, chiamato «Antonello» dai missini di un tempo, rompe la consegna al silenzio durata vent’anni. «E mo’ basta, ve la dico io la verità sui soldi del presidente della Camera».
Fini la denunciò nel ’93 perché non lei non onorò un prestito da 150milioni di lire...
«(risata). Io sono stato una persona perbene avendogli consentito una ipoteca volontaria sul mio bene su del denaro che invece mi spettava».
Non abbiamo capito granché...
«Alleanza nazionale mi doveva 500 milioni di lire per vari lavori. Non pagò mai. Attraverso la mia società, Generali Costruzioni, a un certo punto feci causa ma il giudice, con una decisione salomonica, mi diede ragione sulle pretese risarcitorie ma disse che avevo sbagliato a intraprendere la causa nei confronti del Partito quando avrei dovuto citare la Federazione. La causa morì così. Una svista “giuridica“ e quei soldi non li ho visti più. Vicenda comunque spiacevole, perché io nel partito ero sempre stato di casa. Pagavo cene, viaggi, campagne elettorali, i palchi dei comizi, i camion coi manifesti a Taeodoro (Buontempo, ex Msi, ora con Storace, ndr) scontavo le cambiali a tanti di loro, come Pino Rauti e al segretario di Fini, Checchino Proietti (oggi deputato Fli, ndr). Quelli nel ’92 se morivano di fame e per campa’ chiamavano sempre Antonello, che zitto e buono staccava l’assegno. Pagavo tutto, per il partito e per altro. Io ero il vaso di ferro, loro di coccio...».
Ci parli del prestito di Fini.
«Ma quale prestito?! Il partito non mi pagava, ero esposto con le banche, così gli ho detto: “A Gianfra’ tu bisogna che me paghi le fatture perché sto in difficoltà“. Una sorta anticipazione sul totale. Così lui, che si professava mio amico, che aveva voluto battezzare mio figlio, tirò fuori 150 milioni dal suo conto con una premessa: “Sai com’è, può succedere di tutto, ho bisogno di garanzie”, che io fornii puntualmente».
Una casa gravata da ipoteca, azioni già vendute. Così denunciò Fini.
«Ma che dice?!! La casa era la mia e c’era acceso un mutuo perché, come detto, in quel periodo grazie al partito ero troppo esposto e non avevo sufficiente disponibilità finanziaria. Quanto alle azioni, avevo degli interessi nella società Diplomat Tour e gli diedi in garanzia degli assegni: incassò 40 milioni, gli altri assegni no perché poi la società fallì. Ma di questo “rientro” Fini non parla nella denuncia. Poi la casa è andata all’asta e lui alla fine è stato liquidato, io non gli devo un centesimo.

Comunque Fini da “amico” intimo, che lasciava l’ombrellone di Anzio per venire a fare le vacanze a casa mia in Costa Smeralda, che ha battezzato mio figlio, al dunque s’è dimostrato un cinico»
Ma non le sembrò strano, vent’anni fa, che il giovane deputato Finì le desse 150milioni senza battere ciglio?
«Fini aveva tre legislature alle spalle, abitava a Ciampino, non spendeva una lira perché viveva sulle spalle del partito. Il resto non mi interessava allora, men che meno mi interessa oggi».GMC-PaTa

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