Tsunami, un disastro il «soccorso rosso» Cibo e farmaci fermi 9 mesi in Lombardia

Gli aiuti della Provincia di Milano sono giunti in Sri Lanka solo il 15 settembre. Spesi 5mila euro per il deposito a Colombo

Gianandrea Zagato

da Milano

Tsunami, Sri Lanka, dieci mesi dopo. Ritornare a scrivere di queste terre divorate dal mare significa che le promesse non sono state rispettate. O meglio che quelle della Provincia di Milano non sono state all’altezza degli impegni assunti e mantenuti dall’Italia. Verità amara: pasta, medicinali e materiale scolastico donati per l’emergenza maremoto sono arrivati a destinazione con nove mesi di ritardo. Duecentosettanta e passa giorni dopo quando, dicono dall’arcidiocesi di Colombo, «non servivano più derrate alimentari bensì sostegno al microcredito».
Errore della Provincia guidata dal diessino Filippo Penati che trova conferma nelle determine dirigenziali siglate da Roberto Mosseri, direttore del settore protezione civile: in data 25 agosto si dà «atto che la spedizione» è avvenuta dal porto di Genova «in data 8 luglio 2005» e che, seconda sorpresa, «l’effettivo ritiro della merce» è previsto in data 15 settembre «a fronte di un pagamento di euro 5.199,25» per l’ulteriore «stazionamento delle merci presso il magazzino del porto di Colombo». Come dire: gli aiuti umanitari stoccati nella sede operativa della protezione civile della Provincia di Agrate sono partiti l’8 luglio e consegnati al vescovo di Colombo, monsignor Oswald Gomis, il 15 settembre ovvero a distanza di sessantanove giorni. Motivo: «Li hanno ritenuti inutili o, meglio, non prioritari» avvertono dalla direzione della Dogana milanese. Risultato: i materiali targati Provincia di Milano sono giunti a Colombo un mese dopo la spedizione, l’8 agosto, e sono stati «stoccati nel porto fino al 15 settembre» dietro pagamento «delle spese di stazionamento».
Ma, attenzione, l’improvvisazione dell’amministrazione provinciale non finisce qui. Il 6 di giugno con altra determinazione dirigenziale - questa firmata dall’architetto Valerio Gallinella - la Provincia preannuncia «di poter procedere al trasferimento degli aiuti, raccolti e attualmente stoccati presso la sede operativa della protezione civile, per la loro containerizzazione presso un’agenzia di noli marittimi, in attesa di imbarco» perché «tali aiuti non potevano essere inviati prima che fosse resa la nota la circolare del governo dello Sri Lanka pervenuta in data 8 giugno, che norma l’invio di ulteriori soccorsi».
Peccato che «tali aiuti» non erano stati stoccati «presso la sede operativa della protezione civile» ma bloccati in quel di Agrate Brianza: l’inizio della raccolta è datata 29 gennaio e si conclusa il 4 marzo, poi la cernita e le operazione di imballo concluse il 24 marzo. «Da quel giorno al 6 giugno quei materiali restano fermi a Agrate: duecento e più pallets abbandonati. E quando lo scopriamo, 25 maggio, allora, Penati e l’assessore alla partita, Francesca Corso (Pdci), corrono ai ripari. Dicono “no“ a una commissione d’inchiesta e sostengono che a rifiutarli sia stato il governo srilankese e che, i pallets sarebbero stati inviati - tramite l’organizzazione non governativa Alisei - in Indonesia» chiosa Forza Italia. «Pietose bugie per coprire quella verità che sta scritta negli atti dell’amministrazione provinciale. Che le derrate alimentari e non regalate da cittadini, scuole, istituzioni pubbliche e aziende dei vari comuni della provincia non sono partite neppure all’indomani della scoperta che giacevano inutilizzati perché dimenticati» annota Giovanni De Nicola (An).
Denuncia della Casa delle Libertà condita da amarezza che si trasforma in rabbia quando si scopre un inghippo nell’inghippo: l’ambulanza regalata da un’associazione e destinata allo Sri Lanka non è mai partita. Motivo? Ha la guida a sinistra, mentre in Indonesia deve essere a destra.

Dettaglio non da poco, «modifica che costa undicimila euro ma la Provincia degli sprechi, quella contrassegnata dalle consulenze d’oro, dopo averla tenuta posteggiata e aver tentato di farla avere a Gino Strada, ha dovuto restituirla al donatore». Scandalo che non fa certo onore e Penati lo sa bene.

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