"La Tulliani ristrutturò la casa di Montecarlo"

Luciano Garzelli, il costruttore che si occupò dei lavori: "Avevo contatti con la signora e il fratello. Hanno portato loro la cucina e i materiali". Sul prezzo: "Quella casa vale almeno un milione"

"La Tulliani ristrutturò la casa di Montecarlo"

nostro inviato a Montecarlo

Prima le presentazioni, poi le rivelazioni choc. Luciano Garzelli è l’italiano più noto a Montecarlo. Avrà una sessantina d’anni ed è uno che conta tanto, ma tanto, nel Principato di Monaco. Gode dell’amicizia personale di sua altezza serenissima Alberto e dell’intera Casa Grimaldi, ed è «il» costruttore monegasco per antonomasia in quanto amministratore delegato del colosso immobiliare Engeco fondato nel 1974 da Stefano Casiraghi. In materia di case e compravendite, da queste parti, nessuno ne sa più di lui. «È la Cassazione del mattone», scherza uno dei testimoni dell’affaire Tulliani.

E testimone prezioso dello scandalo dell’estate è proprio lui, il vulcanico Luciano, al pari del figlio Stefano che il 30 luglio raccontò al Giornale di aver presenziato ai lavori nell’appartamento di rue Princesse Charlotte 14 – quale rappresentante della società di ristrutturazione Tecabat - dove il cognato di Fini (affittuario) controllava e dirigeva direttamente in loco le operazioni di restauro (pagate dalla società off shore Timara Ltd, proprietaria dell’immobile): «Insomma, c’era un rapporto diretto tra Tulliani e Timara» disse il giovane Garzelli, poi redarguito pesantemente dai superiori per le dichiarazioni incautamente rilasciate a questo quotidiano.

Se il figlio ha ricoperto un ruolo marginale, seppur attivo, nella vicenda, il padre è il dominus dell’intera operazione. A lui s’è rivolto l’ambasciatore italiano nel Principato per aiutare l’«esperto immobiliarista» (sono parole di Gianfranco Fini) a trovare società di ristrutturazione a lui gradite per rimettere a posto la casetta monegasca donata dalla contessa Anna Maria Colleoni ad Alleanza nazionale. Incontriamo Luciano Garzelli al termine di una riunione di lavoro, di fronte al porto, a duecento metri dal pulpito da cui sventola la bandiera a scacchi della Formula uno. Si vede subito che ha molte cose da dire anche perché sovrappone concetti e precisazioni. Ecco il botta e risposta. Integrale.

Intanto una premessa, signor Garzelli. Se per l’intervista del 30 luglio suo figlio Stefano ha avuto problemi sul lavoro ce ne scusiamo ma...
«Niente, non fa niente. Ormai è tutto passato. Non ne parliamo più».

Senta oggi (ieri, ndr) il Giornale ha riportato le parole del notaio Paul-Louis Aureglia (che ratificò i due passaggi di proprietà dell’apparta­mento oggi abitato da Tulliani e che ha ipotizzato una sorta di truffa al Principato per la violazione di una legge sul diritto di prelazione sull’acquisto degli immobili «protetti» da parte del governo locale, ndr). Parla di «stronzate» fatte, di presunte truffe orchestrate intorno all’appartamento...
«(Luciano Garzelli legge il Giornale e scuote la testa). Ma lo dico pure io. Con 300mila euro a Monaco si compra un parcheggio e la cosa incredibile è che le autorità monegasche non hanno fatto alcuna operazione (di controllo, ndr)».

La potevano fare?
«E certo. 300mila euro è un prezzo sottostimato».

Scusi, ma quanto vale quell’immobile?

«Tra un milione e un milione e mezzo».

Abbiamo parlato con la Tecabat che ha ristrutturato...
«Senta, io con la mia Engeco non c’entro niente. Mi ha chiamato l’ambasciatore (Franco Mistretta, ndr) che aveva ricevuto una telefonata... - se me lo chiederà il giudice dirò da chi – Luciano c’è questa cosa da fare. Sono andato là personalmente, ho detto sono della Engeco, facciamo grattacieli, case, ponti... e mi han detto, sai siccome c’è un certo personaggio... Allora lì ho sentiti, hanno detto sono una sessantina di metri quadrati però i materiali li portiamo noi. Allora ho detto, grazie arrivederci. E me ne sono andato. E poi mi hanno richiamato».

Scusi Garzelli, ma le hanno detto che i materiali li avrebbero portati loro?
«Non “li avrebbero”, li hanno portati loro. Qui hanno messo solo in opera i materiali che hanno portato loro. La cucina, le maioiliche, il parquet, i rubinetti».

Ci perdoni, torniamo all’ambasciatore. Esattamente cosa le ha detto?
«Mi hanno chiamato per fare un lavoro qui a Montecarlo. Poi mi ha dato un telefono del signor Tulliani».

Con la signora Tulliani lei ha avuto rapporti?
«Certo. Mi ha chiamato».

Perché c’erano problemi nell’appartamento?
«Modifiche da fare, i lavori nella stanza, il muro da rompere. Il problema, insisto, è a monte. A quando è stata fatta questa vendita a trecentomila euro».

Ci perdoni l’ignoranza. Ma è normale, qui a Monaco, che un semplice affittuario scelga lui i materiali della ristrutturazione e se li faccia arrivare dall’Italia?
«Non è normale. Loro hanno fatto così. C’era anche un architetto romano che mi contattava via e-mail. Si chiama (...)».



A parte le telefonate con i Tulliani lei ha avuto anche contatti via e-mail, per lettera, via posta, diciamo così, normale?
«Scusi, ma che sta facendo il giudice lei? Io su questo punto rispondo solo al giudice. Se me lo chiede lui, glielo dico a lui. Arrivederci».
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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