Con il tumore si convive

In Italia i pazienti oncologici sopravvivono più a lungo rispetto alla media europea. Lo dimostra lo studio Eurocare-5, condotto dai ricercatori dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dell'Istituto Superiore di Sanità e pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Oncology. Questa indagine è la più vasta sulla sopravvivenza per tumore, copre oltre il 30% della popolazione europea adulta (461 milioni) e il 77% di quella infantile (59 milioni). É stata studiata la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di oltre 10 milioni di adulti e 60.415 bambini europei. L'Italia si è dimostrata essere tra i Paesi dove a 5 anni dalla diagnosi di un tumore si sopravvive di più. Le differenze maggiori si osservano per i tumori dello stomaco, del rene, del colon e della mammella.
«Molte le differenze in Europa. La sopravvivenza varia a seconda del Paese in cui si vive: in particolare in Europa occidentale risulta più elevata rispetto ai paesi dell'Est Europa. Ciò dipende dalla diffusione della diagnosi precoce, dal tipo di trattamento e dallo stile di vita dei pazienti», afferma Giuseppe De Leo, presidente dell'Istituto Tumori di Milano, precisando che i dati dell'indagine provengono dai registri di tumore di 29 paesi europei. Nell'ambito del progetto Eurocare, l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano conduce inoltre studi più approfonditi per spiegare le cause di queste disuguaglianze di sopravvivenza, coordinati dalla dottoressa Sant e studi specifici sui tumori rari, per i quali è indispensabile una collaborazione internazionale, coordinati dalla dottoressa Gatta. Con il progetto Eurocare si sta sorvegliando la sopravvivenza dei pazienti oncologici europei da oltre 20 anni. «É confortante sapere che in Italia la sopravvivenza dei malati di cancro è fra le più alte d'Europa - afferma Francesco De Lorenzo, presidente della Federazione italiana delle Associazioni di volontariato in oncologia (sono oltre 500 ed attive da più di dieci anni), inoltre al di là delle pur gravi disuguaglianze esistenti, in Italia è sempre garantito l'accesso ai trattamenti farmacologici anche più costosi, cosa che non avviene in diversi paesi d'Europa. Paradossalmente però - precisa De Lorenzo - questo risultato comporta delle aggiuntive attività di carattere assistenziale da parte del Servizio sanitario nazionale (Ssn). In Italia infatti vivono attualmente più di 1,3 milioni di persone sopravvissute al cancro da più di 5 anni e poco sappiamo del loro reale recupero di condizioni di vita normale. L'esplosione dei pazienti liberi da malattia rende evidente la necessità di un nuovo equilibrio tra cura del cancro e recupero di uno stato di salute soddisfacente. Occorrono studi clinici prospettici sul decorso della malattia dopo il completamento della terapia primaria, fase che nei paesi anglosassoni viene definita come «survivorship», e che comprende aspetti relativi alla qualità di vita, riabilitazione, fino alle cure terminali, per poter dare risposte di sistema».
Queste ricerche richiedono risorse finanziarie e sono ora una priorità per le associazioni scientifiche e le istituzioni sanitarie. Da anni Favo, in considerazione del numero crescente di malati lungo sopravviventi e della cronicizzazione della malattia, sta lavorando con i maggiori Istituti di cura italiani per individuare condizioni che assicurino ai malati di cancro il diritto alla riabilitazione, intesa come ripristino dell'integrità o del miglioramento di tutte le funzioni lese dal tumore o dai suoi trattamenti per una migliore qualità di vita possibile.

Per decenni si è parlato di riabilitazione come terapia mirata al recupero di una funzione lesa mentre va intesa nel senso più ampio di riabilitazione psicologica, nutrizionale e sociale.

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