nostro inviato a Lampedusa
«Berlusconi, ti giuro, siamo arrivati su un legno, non abbiamo niente da perdere. Ti giuro, guardami in faccia: se non partiamo da qui stasera noi bruciamo Lampedusa...». Marcel è giovane, arriva dalla Tunisia. Parla un discreto italiano, ha già parenti nel nostro Paese. E le sue parole, scandite in tono di minaccia davanti a una telecamera, sono il leitmotiv della giornata bifronte che Lampedusa ha vissuto ieri: prima la grande delusione per lennesimo rinvio della partenza a causa del vento e del mare agitato; poi il tripudio alla decisione di imbarcare sulla nave militare San Marco 500 dei quasi 4mila migranti ancora a Lampedusa e che, parola del premier Silvio Berlusconi, da stasera saranno altrove. Tensione a Lampedusa, e tensione a Manduria, in Puglia, dove centinaia di migranti hanno sfondato la recinzione e al grido «liberté, liberté" hanno inscenato una manifestazione. Unevasione di massa non frenata per evitare guai peggiori. Un immigrato per protesta ha tentato di darsi fuoco, un altro ha cercato di impiccarsi, anche un funzionario di polizia è rimasto ferito. Bilancio finale della rivolta: circa 200 in fuga.
Un bollettino di guerra, quello di ieri sullimmigrazione. La svolta a Lampedusa, con la decisione di trasferire i migranti sulla San Marco a bordo di scialuppe in modo da alleggerire lisola e la tensione diventata, tra i migranti, quasi ingestibile, è arrivata a metà pomeriggio. Troppo alta lesasperazione dei clandestini, troppo pericolosi quasi 4mila uomini disperati in unisola di 20 chilometri quadrati. Quindi via, lannuncio della partenza, i migranti caricati sui pullman per andare dal porto vecchio dellisola al molo Favaloro. Intorno alle 19 i primi imbarchi sulle scialuppe. Il grosso dei trasferimenti, sempre che torni la bonaccia prevista, sarà oggi con quattro traghetti. La Superba di Grandi navi veloci, da giorni al largo di Lampedusa, ne porterà via 1.700. Già fissato litinerario. Gli immigrati andranno alla tendopoli di Kinisia, a Trapani; quindi a Catania, destinazione Caltanissetta; terza tappa Napoli e poi Caserta, Santa Maria Capua Vetere; infine Livorno e in pullman a Pisa. Insomma, entro i due giorni e mezzo previsti dal premier e ribaditi Lampedusa «sarà libera», obiettivo raggiunto, promessa mantenuta. Con buona pace delle polemiche politiche, quasi che pure il vento forte e il mare agitato fossero colpa di Palazzo Chigi.
Obiettivo raggiunto, a Lampedusa. E meno male. Perché ieri per lisola è stata una giornata difficile, ben riassunta dalle parole di Marcel, più uno sfogo che una vera minaccia. Che nellisola ci fosse qualcosa di strano è stato chiaro sin dal mattino. Al contrario dei giorni scorsi, quasi nessun immigrato per le strade. Partiti? No, tutti concentrati sulla banchina del porto vecchio, un lungo serpentone di disperati seduti a terra, su due file. Tensione palpabile, qualche tafferuglio ricomposto. Unalternanza: liti al limite della rissa, rabbia; e manifestazioni di gioia. È mezzogiorno quando per il vicequestore Corrado Empoli scatta lapplauso. In mano ha dei biglietti da distribuire, cè scritto «2011 campo di accoglienza». Non è la fine delle notti sotto le stelle in balìa del vento, ma è il passaporto per la speranza di un tetto vero sulla testa. Poi ancora la tensione, altissima, intorno alle 13.30. Un altro immigrato, un marocchino fermato poi grazie ad altri migranti (sarà espulso), dà fuoco sulla banchina alla roulotte-biglietteria dellUstica lines. Il fumo è nero, va dritto sulla collina della vergogna piena di tende di plastica, scaccia i gabbiani che volteggiano a stormo sopra rifiuti e sporcizia. I vigili del fuoco spengono lincendio, la polizia si becca unaltra ovazione, quando Giancarlo Conticchio, vicario della questura di Bari addetto al controllo della polveriera Lampedusa promette, anche lui: «Si parte». Esultanza, cori da stadio, il funzionario lanciato in aria come un allenatore di calcio al grido di «Sicilia, Sicilia».
Speranza, e poi sconforto. Alcuni migranti rifiutano il cibo, proclamano uno sciopero della fame, poi desistono. Torna la calma. La banchina del porto si svuota. Infine la notizia sognata: «Viva lItalia», urla un cartone sventagliato a mo di bandiera. Per il momento è una vittoria, anche se per gli scontri tra migranti per accaparrarsi il posto in pullman per partire sono dovuti intervenire poliziotti e finanzieri in tenuta anti-sommossa.
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