Via tutte le altre, è l’ora di Carlà. Che fa l’offesa col «Giornale»

nostro inviato all’Aquila

Fotografi! Telecamere! Pubblico! A me!
Sgombrato il campo delle varie Michelle, Laureen, Gursharan (chi era costei?), Margarita, Siza Kele e Chikako (e queste altre?) la sciantosissima Carlà può fare infine il suo regale ingresso, a sopracciglio inarcato, sulla gran scena del G8.
Bella come una bambolina di pannolenci, corrucciata come una bambina che ha appena buscato un rimprovero, Carla Gilberta Bruni Tedeschi ce l’ha con noi del Giornale. Ma poiché la noblesse la obbliga, prova a far finta di niente, snobbando le critiche di «certa stampa vicina al presidente Berlusconi», come ci definiscono amabili certi colleghi francesi. «No, dico – fa un tale, vasto di trippe come un oste del Perigord, gettandole la polpetta avvelenata tra i piedi – ma ha visto che certa stampa vicina al presidente Berlusconi l’accusa di cafonaggine?».
«Oh, non mi curo di quel che dice la stampa», fa lei, con lo stesso sguardo che aveva Ingrid Bergman in Casablanca. «Resta il fatto - aggiunge un altro, soffiando nella sua cerbottana - che la stampa non sempre capisce il suo comportamento». Lei, la Gilberta, sempre più gelida: «È reciproco». Un lieve balenar di dentini, un sorriso a serramanico, e via, in braccio ai fotografi che l’aspettano in piazza Duomo e tra le navate della chiesa delle Anime Sante, che la Francia si è impegnata ad adottare, finanziando una parte dei lavori di restauro. Tra gli «ooohhh» e gli «aaahhh» di sorpresa, di sgomento e di orrore, madame si aggira fra i calcinacci stando ben attenta a non sporcare le sue scarpette nere e il suo tailleur pantalone di un bianco smagliante.
Eh, son giornate stressanti, per la signora Sarkozy. Già nella notte fra giovedì e venerdì, tutta quella ressa al «Baco da Seta», ristorante dove era andata a cena con la sorella e tre amici, prima che Nicholas, liberatosi di quella scocciatura del G8, la potesse raggiungere. Foto, autografi, sorrisi. Insomma: la solita barba.
Desiderava da tempo venire all’Aquila, fa sapere la cantautrice. «In particolare per motivi umani», aggiunge, suscitando un incuriosito mormorio fra i presenti. «E ci tornerò, da sola, anche dopo il vertice», fa sapere ai cittadini che l’attendono tripudiando davanti all’ingresso dell’ospedale San Salvatore. Ci son signore, spiace dirlo, convinte che la presenza di Carlà all’Aquila abbia un che di salvifico, di benedizione celeste. Sicché molte, sbracciandosi verso di lei come fosse Madonna (la cantante, quantomeno) la supplicano: «Non abbandonarci». E lei, commossa, ma a ciglio asciutto: «Certo che no. Tornerò, ve lo prometto». Poi commenta: «Questa è gente molto coraggiosa e però allo stesso tempo anche disperata». Altri «ooohhh» di meraviglia esalano dalla bocca dell’ex modella davanti alle donne che ricamano il pizzo al tombolo e davanti all’abito rosso di Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo De Medici, il tutto visibile nelle due mostre d'arte allestite nella caserma di Coppito. Un autografo sul bancone dei ragazzi del catering, e poi via dalla pazza folla.

Via, in aereo con Nicholas verso Torino, nella sfarzosa magione dei Bruni Tedeschi a Castagneto Po, quella recentemente venduta a uno sceicco amico del presidente francese, per un pranzo a due sotto un vecchio platano. Perché il terremoto, alla fine, stucca un po'.

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