Roma - Eccole, le piccole donne che, al posto delle mimose, vogliono un ragazzo «bono come er pane», stando a Deborah di Portonaccio, sedici anni a giugno. Sono circa trecento, indistinguibili nei jeans e tatuaggio sul fondoschiena, intruppate come neanche ai tempi della Hitlerjugend e aspettano, in rumorosa fila desiderante, davanti al Warner Village. Hanno un'urgenza brutale di vedere, in carne e ossa, il nuovo giocattolo delle platee rosa, che ieri pomeriggio la Warner Bros, d'accordo con Cattleya, offriva in pasto alle ragazzine col ferretto sui denti e i soldini in mano per la proiezione di Ho voglia di te. Così, alle tre del pomeriggio, le adolescenti capitoline si adunavano per godersi Riccardo Scamarcio dal vivo. Panem et circenses nella Roma sgovernata dalle autorità e governata, invece, dal cinema furbone dell'operazione-gioventù, con il seguito di Tre metri sopra il cielo (2004), cineprodotto di culto, dal libro omonimo di Federico Moccia? Ma sì, ormai è il mercato a creare il bisogno, sicché tutti i giovani che scampano alle stragi del sabato sera, da oggi conteranno su Hvdt, Ho voglia di te, regia del madrileno Luis Prieto, al suo primo film italiano.
Urletti, gridolini e strillucci accompagnano l'epifania dei piedi di Scamarcio, il nuovo divo consacrato dai media, che continua l'avventura di Step e passa da adolescente ribelle a giovane maturo. Nell'omonimo romanzo di Moccia, attempato autore per teen-agers e figlio di papà Vaime, il protagonista, ora, scopre l'amore. E ama, riamato, la sua Gin (Laura Chiatti, bella e brava), non senza pentimenti, rimpianti, tradimenti. Certo, Step pensa sempre a Pollo, l'amico carissimo morto in moto (vedi Tre metri sopra il cielo, libro+film), ma occorre infilare un giorno dietro l'altro e andare avanti. «Risse e cuori infranti?», chiede una ragazza al giovane tornato dagli Usa, in maglietta a righe orizzontali e col celebre sguardo piacione sotto al casco dei ricci mori, sullo sfondo del Tevere biondo. Lui, il bambolotto che tutte strapperebbero a Valeria Golino, sua compagna, sul grande schermo ha un papà separato dalla mamma e un fratello, suo convivente, molto a modino, genere manager. Come tanti suoi coetanei, Step tira tardi sbevazzando nei bar di Ponte Milvio e cerca lavoro, pregando Dio di non trovarlo. Però lo trova, è nel mondo dello spettacolo e toh! proprio quella ragazzetta carina che gli aveva fregato la benzina, gli si para davanti: è Gin, fa la ballerina e verrà inclusa sia nel cast, sia nel suo cuore.
Tutto risolto, nello stile Bolero-film un tempo caro alle nonne, con la Roma cartolinesca dei Lungotevere percorsi dal centauro Scamarcio, in sella a una bella moto? Un corno. Di mezzo ci sono: un aborto della minorenne sorella di Babi, che dopo essersi «calata» in discoteca, resta incinta d'uno sconosciuto; la morte della mamma di Step, che si congeda dalla defunta con un «ciao» lieve; lo stupro dell'amica di Gin, a sua volta tradita da Step, che finalmente si concede a Babi (Katy Saunders). Ci sarebbe di che impiccarsi, ma tutto è narrato con tale relativismo di superficie che passa, come uno sbadiglio. Per fortuna, in primo piano, risucchiano la chiave del lucchetto, con cui Step e Gin sigillano il loro sentimento e la moto di Pollo. «Il mio personaggio è cambiato, ha preso le distanze dal mondo dei suoi amici, risultando più umano, più insicuro», spiega Scamarcio alle fanzine in delirio. Ieri, infatti, la produzione di Hvdt realizzava il primo lancio giovanile di massa, con i teen-ager mescolati ai cronisti. Domandavano, invece, le spettatrici in erba: «Cosa si prova a essere importanti?».
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