Tutti i casi La «febbre» del dialetto Lezioni, matrimoni e centralini

In Lombardia sembra scoppiata la febbre da dialetto. Potrà sembrare una trovata dell’ultim’ora per cavalcare le proposte leghiste, ma i casi in cui la lingua nazionale viene sostituito dalla parlata locale non sono più una rarità.
Guida la «rivolta» Como, dove l’assessore all’Ambiente Diego Peverelli ha inventato il centralino che risponde in dialetto. Invece del tradizionale «prema quattro per parlare con l’operatore», si è optato per il molto più trendy «se ta v’ret parlaà cun l’operaduù schiscia ul quater». E perché non sostituire la formula delle nozze con un bel «adess ta pödet basà la spusa»? La fantasia corre, ma non troppo, perché lo stesso assessore ha provato a sposare in vernacolo una coppia di comaschi. Risultato: una querelle amministrativa perché la cerimonia nuziale deve essere recitata nell’idioma nazionale. Ai coniugi non è rimasto che accontentarsi di un fifty-fifty linguistico.
Ma non è tutto. Mentre il ministro Gelmini sul dialetto, rispondendo alla Lega, ricorda che «i problemi della scuola sono altri», a Paderno Dugnano si preparano i corsi di dialetto.

Il «cours de milanes» sarà inserito come facoltativo nel piano dell’offerta formativa delle scuole elementari e medie di Paderno con quattro ore di lezione alla settimana impartite nel primo pomeriggio. Insomma, per i «lumbard al sèmbra mei parlà ’n dialet».

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