È tutto e quindi niente. Un’inutilità full-optional

È un oggetto meraviglioso, per carità. Esteticamente parlando viene voglia di comprarlo subito: bello, figo, leggero, luminoso, con quel display gigante. Appena visto scatta l’istinto immediato: «Lo voglio». Costa anche poco, volendo. Meno di quanto s’immaginasse, meno di tante cose molto più brutte e altrettanto inutili. Perché questo è il problema dell’iPad: è l’inutilità full optional

È un oggetto meraviglioso, per carità. Esteticamente parlando viene voglia di comprarlo subito: bello, figo, leggero, luminoso, con quel display gigante. Appena visto scatta l’istinto immediato: «Lo voglio». Costa anche poco, volendo. Meno di quanto s’immaginasse, meno di tante cose molto più brutte e altrettanto inutili. Perché questo è il problema dell’iPad: è l’inutilità full optional. È un iPhone più grande. Grandissimo, anzi. E quindi scomodo. Non è un computer, non è un telefono, non è un lettore di giornali on-line, né di libri digitali. O meglio è tutto questo insieme, quindi niente di tutto questo. Allora appena finita l’emozione istantanea ti metti a pensare: ma perché comprarlo? La risposta a questo punto è una: perché è bellissimo. Sì, e poi? Oggi con la stessa somma che spenderesti per l’iPad ti compri un computer portatile, un telefono e un lettore ebook. Hai tre cose invece che una, però tre cose ognuna con la sua specificità, ognuna col suo potenziale massimo.
Certo, non sono Apple. È qui che ci frega Steve Jobs: riesce a venderti per speciale anche quello che speciale non è. Noi siamo tutti lì ad aspettare la prossima mossa, il prossimo prodotto, la prossima idea. Poi compare lui, col lupetto nero e i jeans ormai larghi per colpa della malattia che gli ha scavato il volto e prosciugato i muscoli, e ti presenta una cosa straordinariamente cool e che però non sai bene che cos’è. L’ha fatto tante volte, ormai. L’iPod touch, poi l’iPhone che è un iPod touch con una sim card e un’antennina interna che lo rende un telefono, adesso l’iPad che è esattamente la stessa cosa, ma più grande. Ogni passaggio è lo sviluppo del primo, una specie di domino al contrario che invece di abbattere costruisce: da uno all’altro e così via. Dicono: «Ma questa è la sintesi vera tra un computer e un telefono e un lettore ebook e un lettore di giornali on-line». Ma dove? Ma quando? Chiamate computer un display che ha una tastiera digitale? Già l’iPhone o tutti gli altri apparecchi touch sono una sfida perenne alla pazienza: figuratevi se uno si mette a scrivere qualche testo più lungo di un sms con una tastiera così. Allora aggiungono: «Ma se vuoi ha la tastiera che si aggancia». E sì, però in questo modo non è un portatile. E ci riprovano: «Ma è un lettore di giornali digitali». Però se i giornali non si adattano al contenitore, non te ne fai niente. È la realtà purtroppo.
Così come la realtà è che tra sei mesi arriverà il fratello maggiore del gioiello che ha presentato mercoledì sera.

Sarà ancora lo stesso con l’attesa creata ad arte, le indiscrezioni, il tormentone pre-presentazione, poi la scoperta che in fondo non è una cosa così diversa dalla precedente o da quella che fa qualche altro produttore. Il problema però è sempre quello: ciò che non ha una mela come logo non è la stessa cosa per definizione. Non ha la magia, anche se magari è anche meglio.

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