La tv di Coopsette «boicottata» da sinistra

I curatori del film-verità «Loose Change» ritirano l’autorizzazione alla messa in onda da parte di Telecittà

Lo sciopero dei giornalisti non c’entra. Il film-inchiesta sui fatti dell’11 settembre «Loose change» doveva andare in onda integralmente su Telecittà nei giorni scorsi, accoampganto da un dibattito al quale avrebbero dovuto partecipare i giornalisti curatori dell’edizione italiana. Se nulla di questo è stato trasmesso, è perché gli stessi giornalisti hanno chiesto all’emittente genovese di «soprassedere alla trasmissione» perché «non possono restare indifferenti di fronte a un licenziamento immotivato e repentino, da parte di una solida televisione in fase di espansione». Il licenziamento è quello di Massimo Picone, da tre anni in servizio a Telecittà che ora ha visto «scogliere la triennale collaborazione con Telecittà».
A scrivere la lettera a Giovanni Giaccone, direttore dell’emittente genovese, sono Mario Molinari giornalista e autore per la Tv (tra gli altri di programmi come Striscia la Notizia e Matrix), e docenti universitari o altri colleghi di varie testate locali e nazionali. Alcuni di loro in qualità di curatori dell’edizione italiana di «Loose change» hanno ritirato la loro autorizzazione alla messa in onda per una forma di protesta contro il «licenziamento» di Picone deciso da Telecittà. «Massimo ed io siamo amici da anni - scrive Molinari a Giaccone e alla sede di Coopsette, editore di Telecittà - e sono certo che avrai colto come negli ultimi tempi stia vivendo uno stato di prostrazione e di giustificata preoccupazione per l'improvviso scioglimento della triennale collaborazione con Telecittà e la testata che dirigi. Non so se rappresenti un merito, ma ho trascorso 12 anni a Striscia la Notizia cercando in ogni modo con il Gabibbo e il mio tesserino di rendere utile a tutti questo nostro mestiere, mai accettando le “ragioni” di qualunque potere quando andavano contro la gente e i lavoratori. Credo molto banalmente che questo rappresenti la base di un buon giornalismo oltre che il fondamento di una sinistra alla quale il sottoscritto come tuo gruppo editoriale si sono da sempre ispirati. Un collega serio, bravo e onesto come Massimo non merita di esser lasciato a casa in una manciata di giorni.

Meno ancora da una televisione che fa capo ad un grande gruppo cooperativo, e che dovrebbe perciò avere a cuore più di altri la tutela del Lavoro, dei propri collaboratori e dei propri colleghi». Un richiamo da sinistra che, se possibile, alla tv di Coopsette, dovrebbe suonare ancora più forte.

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