
Sembrava un re, anzi era il re di Sanremo. Febbraio 2008. Prima fila dell’Ariston.
Ci sono le prove conclusive, tra qualche giorno inizierà l’ultimo Festival firmato Pippo Baudo, il tredicesimo. Ore concitate, i tecnici erano già stravolti dalla fatica e dalla tensione del debutto. Lui era seduto proprio sotto il palco e assisteva, consigliava, parlottava mentre i cantanti provavano. Lucidissimo. Sembrava fosse il primo giorno. «Queste luci non vanno bene».
«Qui ci vuole questa telecamera, non l’altra». E via così, con una precisione e una competenza che trasmettevano sicurezza a tutti. Insomma era la dimostrazione plastica, la resa materiale del conduttore-direttore artistico-plasmatore-risolvitore racchiusa nella stessa persona.
Pippo Baudo è stato Sanremo.
L’ha costruito nei decenni a sua immagine e somiglianza, ha inventato un copione, oggi si dice orrendamente «narrazione», che resiste ancora oggi, riveduta e qualche volta scorretta ma sempre attuale.
La valletta bionda e quella bruna (oddio non si può più dire valletta anche se le signore dello spettacolo si candidano ancora a farle). Le polemiche. La cronaca piegata allo spettacolo. Baudo trasmetteva ai propri spettacoli il proprio carattere e, soprattutto, il proprio temperamento, decisionista, un po’ guascone, rigido e legato alle regole implacabili dello show. Nel 1984 fu il primo a far entrare il «sociale» al Festival, gli operai dell’Italsider ricordate?
Lo stabilimento di Cornigliano rischiava la chiusura perdendo migliaia di posti di lavoro e una delegazione era andata a manifestare davanti all’Ariston. Bene, Sua Pippità fece salire sei operai sul palco a dire la loro.
«Il palco non solo vi è stato concesso, ma vi si doveva dare» disse. Fu un’intuizione tra populismo e geialità spregiudicata che entrò nella storia. Come il (forse finto) tentato suicidio di Pino Pagano che nel 1995 voleva buttarsi dalla balconata dell’Ariston per la disperazione. Baudo lo abbracciò, gli parlò, lo coccolò. Per Striscia la Notizia fu una invenzione, una mossa strategica per creare tensione e ascolti. Ma era il 1995, signore e signori, e Sua Pippità era già comunque anni luce avanti in quella «tv verità» che oggi è molto meno creativa e molto più falsa. Certo ci furono anche la gaffe, come quando nel 1968 (debutto sanremese di Baudo), entrò sul palco per interrompere addirittura Louis Armstrong che stava improvvisando troppo a lungo perché a un jazzista cosa volete che interessassero i tempi tv di Sanremo. Il maestro della tromba rimase di stucco, voleva continuare, polemizzarono un po’ ma poi dovette lasciare il palco.
Baudo era inflessibile.
Come nel 1984, quando i Queen presentarono in anteprima mondiale Radio Gaga proprio al Festival di Sanremo. «Ma come canto in playback? Non ci penso neppure» disse Freddie Mercury durante le prove e si dice che i toni della discussione non furono proprio cordiali. Comunque, durante la diretta Freddie Mercury sul palco allontanò il microfono durante una parte vocale per far capire a tutti che no, a lui il playback non piaceva. Baudo e Grillo (nella sua solita veste di comico) fecero finta di nulla, ma immaginatevi le polemiche nei giorni dopo. Pippo Baudo le sapeva gestire, le cavalcava fino al trotto e poi le bloccava prima che il galoppo lo disarcionasse.
Un pioniere che con Fantastico e, naturalmente, Sanremo creò le basiliche della tv, veri e propri templi nei quali l’eleganza della struttura si fondeva con il gusto popolare con una miscela che ha fatto epoca, passerà alla storia e rientra in quel talento tutto italiano che quest’omone ha spalmato su mezzo secolo di tv. Non a caso se ne va senza eredi, se ne va l’architetto che costruì la tv perfetta per il proprio tempo.