
E del resto, a chi altri dovrebbe inchinarsi l'Italia, se non al Pippo nazionale, nazionalpopolare nel senso migliore (dicono tutti, oggi, ma qualcuno potrebbe ricordare anche quel senso peggiore - secondo alcuni - che è stato obliato, lavato via dalla morte che resuscita alla virtù anche i nemici), il re della televisione di Stato il che ha significato, per qualche decina di anni, l'unica televisione, colui che è stato un maestro per tutti, come ogni altra pedina di quel mondo piccolo e grande dello spettacolo gli ha riconosciuto in questi giorni, il conduttore perfettamente vestito, dai modi impeccabili, sempre al centro, sempre nella posizione giusta, mai appariscente, mai troppo, eppure mai niente, pronto a tirare fuori gli artigli, seppure democristianamente, ma pur sempre artigli, nel momento del bisogno...
E infatti, l'Italia tutta si inchina a Pippo Baudo: un Paese raccolto nella camera ardente allestita al «suo» Teatro delle Vittorie (nome azzeccatissimo nel suo caso, in quanto arena testimone di una carriera senza pari) a Roma, padrona di casa mamma Rai. E, dalle 10 di ieri mattina, è stata una sfilata ininterrotta, un omaggio commosso, sincero, pieno di pianti e anche di sorrisi; perfino con qualche battuta, come quelle di Lino Banfi («Scherzavamo sulle 4 B del '36: Banfi, Bergoglio, Berlusconi e Baudo. Ahimé sono rimasto solo io...») che propone di intitolargli il Teatro delle Vittorie e di Fiorello («A viale Mazzini dovrebbero mettere la sua statua, dove sta quella del cavallo») che abbraccia con affetto la figlia di Baudo, Tiziana. E tutti, davvero tutti, vanno da lei a stringerle la mano, a salutarla, a cercare di esprimerle quello che la penisola intera attraversa in questo momento, triste per la perdita di uno dei suoi simboli. Non a caso la bara è circondata dai fiori mandati dal Presidente Mattarella, dal governo, dalla Camera, dal Senato, dal Comune di Roma, dalla Rai e anche da un picchetto di carabinieri in alta uniforme.
Prima dell'apertura, fuori dalla camera ardente si erano già radunate un centinaio di persone, e la fila è andata avanti così, lenta, silenziosa, rispettosa, per la giornata intera. Tra i primi ad arrivare, oltre alla figlia Tiziana e alla assistente storica Dina Minna, la grande amica Mara Venier e il grande amore Katia Ricciarelli, che si sono presentate a braccetto e si sono tenute la mano per tutto il tempo; e poi Renzo Arbore, il ministro degli esteri Antonio Tajani, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, Max Giusti, Eros Ramazzotti, il direttore generale della Rai Roberto Sergio e l'amministratore delegato Giampaolo Rossi, Carlo Conti, Michele Guardì, Laura Pausini, Giorgia, Gianni Morandi, Gigi Marzullo, Gloria Guida, Paola Cortellesi, Nino D'Angelo, il maestro Gianni Mazza, Giucas Casella, Massimo Lopez, Andrea Roncato, Flavio Insinna, Edoardo Vianello... Solo Pupo si è discostato dall'omaggio di massa: «Desidero ringraziarlo per non avermi mai considerato e aiutato. Ricordo quando mi disse che gli stavo antipatico. Il più grande talent scout di tutti i tempi aveva sentenziato, già negli anni '80, la mia fine». Ma il re toglie e il re dà: «Senza di te, probabilmente, non avrei mai trovato quella tenacia e quella forza di reagire che oggi mi permettono di festeggiare i 50 anni di carriera».
Infine, per consentire ai sudditi (sia detto con affetto) di Sua Maestà Pippo di partecipare numerosi al suo funerale, la Regione Sicilia e Trenitalia hanno potenziato i trasporti per domani, 20 agosto, quando Baudo tornerà per sempre a Militello Val di Catania, il paese dove era nato 89 anni fa.
E, anche se non potremo mai eguagliare la grandiosità degli inglesi, che queste cerimonie le hanno nel sangue, nel nostro piccolo celebreremo delle esequie solenni, degne di un re della televisione, trasmettendole per un pomeriggio intero. L'ultima diretta di Re Pippo: ore 15.30, su Raiuno.