Ubriachi di gioia come a Madrid ’82

Un po’ ubriaco. Un po’ stordito, giulivo, barcollante. Berlino e Madrid sono la stessa città, hanno lo stesso stadio. Non credete agli almanacchi, guardate la tivvù, l’urlo di Tardelli e quello di Grosso o Pirlo, Del Piero e Materazzi, De Rossi e Marcello Lippi, l’urlo di cinquanta milioni di italiani. Al Bernabeu nessuno capiva più nulla anche perché tutto era già stato capito. C’era l’articolo da trasmettere al giornale, niente computer, niente telefonini, attaccati alla linea fissa, il dimafonista che cercava con pazienza di acciuffare mozziconi di parole dentro il casino più totale di Madrid. Sandro Pertini agitava la sua pipa come una bandiera, stava nella tribuna di fronte, la polizia dovunque, anche nel settore stampa, in divisa color nocciola, baffi e pistola, roba da spaghetti western. Adesso è tutto più facile, vai con le tecnologie ultramoderne, vai con internet, vai con la moviola. Io c’ero e ci risono. Dalle lacrime di Consuelo Cabrini perché, Tony, suo marito, aveva sbagliato un rigore ma l’Italia aveva alla fine vinto a quelle di Ilary o Sonia, mogli dei contemporanei. Gianni Agnelli, a Madrid gonfiava il petto, come un tacchino, vestito d’un abito di color tabacco. La Melandri ha fatto la sua figura, gonna con spacco e biondo fascinoso al fianco del presidente della Repubblica. Come vedete non è cambiato nulla.
C’era Madrid, c’è Berlino, come Roma e Bari, Milano e Palermo, Pinerolo o Barletta, era ed è l’Italia.
Spediti gli articoli, chiuse le custodie delle macchine per scrivere, a Madrid si andò in cuccia da Alduccio, ristorante italianissimo, in menù spaghetto alla Tardelli. Improvvisi, si presentarono Gordon McQueen e Joe Jordan, stopper e centravanti della nazionale scozzese, ormai turisti in Spagna, eliminati dal Brasile. Erano in zoccoli e pantaloncini da bagno; per la canicola madrilena avevano deciso, prima della partita, di ammollarmi camicia e jeans, non certo il kilt, in un sacco di tela che mi ero portato in tribuna stampa. Alduccio li tenne fuori dal ristorante, a distanza, prendendoli per hooligans, erano due tipi da un metro e novanta, con la faccia inquietante e Alduccio, uomo di mondo non capiva nulla di quello scottish duro. Giovanni Arpino li riconobbe, fece un sì con la testa, mi voltai, fu il lasciapassare, Joe e Gordon entrarono chinando la testa davanti ai campioni del mondo: «Congratulations». Che gusto, la riverenze degli stranieri. Adesso i francesi provano a dire «bravò» con l’accento da repertorio. Tricolori ovunque, come allora, nessuna traccia dei tedeschi a Madrid, dei francesi a Berlino. Spariti, svaniti, nascosti nel canneto, già in fuga verso lidi e confini.

Giorni lontanissimi, personaggi rivissuti di colpo. Ventiquattro anni dopo, è cambiato tutto. Non è vero, di nuovo un po’ ubriaco. Un po’. Da Madrid a Berlino, un battito di ciglia. E una coppa del mondo. Viva l’Italia.

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