Roma

Uccide la figlia disabile e si toglie la vita

Uccide la figlia disabile e si toglie la vita

Una figlia disabile dalla nascita e un’altra morta di tumore cinque anni fa. Ora la notizia della sua malattia, ancora tumore. E il precario equilibrio su cui si reggeva la sua esistenza si spezza. Del resto Luigi Silvestri, 72 anni, glielo diceva sempre all’amico Luciano che era angosciato dall’idea di quella figlia sfortunata dopo la sua morte. «Finché ci sono io - mi ripeteva - non ci sono problemi, ma quando non ci sarò più chi guarderà Graziella?». Lui e la moglie Maria la accudivano da 47 anni con amore infinito, ancora di più dalla morte dell’altra figlia, Sandra. «È una tragedia enorme - commenta Luciano - Ci conoscevamo da 20 anni, sono sempre stati sfortunati: Graziella malata dalla nascita, un’altra figlia persa alcuni anni fa e martedì sera aveva saputo di avere un tumore».
Ieri, mentre la moglie è fuori per fare la spesa, il dramma familiare si consuma in pochi attimi in un anonimo condominio al Prenestino, in via Bellegra, periferia est della capitale. Sono circa le 12,30. Luigi prende la figlia in braccio e la affoga nel lavandino della cucina. Adagia il corpo sul pavimento e poi si getta dalla finestra del quinto piano. Il suo corpo rimbalza su un’auto in sosta e finisce tra gli ombrelloni del bar di sotto, dove il pensionato andava tutti i giorni a prendere il caffè. Fabio, il figlio del barista, sente il botto, si affaccia dal locale e rimane sconvolto: «Ho visto uno spettacolo che non potrò mai dimenticare: il corpo di Luigi era accartocciato a terra tra i due ombrelloni del mio bar. Ho subito chiamato i soccorsi, ma purtroppo non c’è stato niente da fare. Luigi veniva qui tutti i giorni a comprare il latte e a bere il caffè, ci prendevamo in giro sulla “fede” calcistica visto che io sono romanista e lui laziale. L’ho visto l’ultima volta stamattina (ieri, ndr). Comunque non parlerei di omicidio-suicidio ma di esasperazione. Era una bellissima persona».
La vicina di pianerottolo descrive i Silvestri come una famiglia di persone «squisite». «Abitiamo sullo stesso pianerottolo da quasi 50 anni - racconta - non hanno mai fatto vacanze, hanno sempre accudito Graziella. La portavano in braccio come una bambina. Hanno sempre sofferto, ora mi preoccupa la moglia Maria». Anche un’altra vicina li ricorda come persone speciali: «Una coppia formidabile, qui in zona erano stimati da tutti. Io sono nata qui e li ho visti sempre con il sorriso in volto. Da quando è nata la figlia le sono stati sempre vicini, genitori così magari esistessero al mondo. La portavano in braccio perché non poteva muoversi. Quando il signor Luigi trovava occupato il suo posto riservato ai portatori di handicap non litigava mai con nessuno. Era una famiglia di brava gente. E pensare che 5 anni fa avevano perso un’altra figlia, Sandra, che era malata di tumore». La stessa malattia che avrebbe dovuto affrontare Luigi.
L’ospedale gli aveva appena confermato la diagnosi e la notizia lo aveva sconvolto. Chi si sarebbe preso cura di Graziella dopo la sua morte? Meglio mettere fine per sempre alle sue sofferenze. Un gesto di disperazione dettato dall’amore incondizionato per quella figlia tanto sfortunata. Ne è certo il parroco della chiesa Santissimo Sacramento, in largo Agosta, di fronte al palazzo dove si è consumata la tragedia. «Una coppia eccezionale - sostiene il sacerdote - li conosco da 22 anni e si sono sempre presi cura della figlia. Ho dato l’assoluzione a Luigi senza esitare. Lo dico da prete: erano due santi. A Natale e a Pasqua venivano sempre a messa e io davo un pezzetto di ostia alla figlia anche se San Paolo dice che bisogna volerlo.

Gli avevo consigliato di prendere una badante per sollevarsi un po’ da quel peso».

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