Uccise con l’ombrello, 16 anni di carcere

Il Gup di Roma Donatella Pavone ha condannato a 16 anni di reclusione Doina Matei, la romena di 21 anni accusata di aver ucciso nello scorso aprile Vanessa Russo conficcandole la punta di un ombrello in un occhio dopo una lite scoppiata in metropolitana. La ragazza romena è stata condannata per omicidio preterintenzionale. Il Gup ha infatti derubricato l’originale imputazione di omicidio volontario, ma ha mantenuto l’aggravante dei futili motivi.
Secondo il gup Pavone, Doina Matei non aveva intenzione di uccidere, ma ha considerato il suo come un gesto andato oltre le intenzioni. Il pm Sergio Colaiocco aveva chiesto la condanna dell’imputata, presente in aula alla lettura del dispositivo così come la madre ed il fratello di Vanessa Russo, a 20 anni di carcere per omicidio volontario. Doina Matei è stata giudicata con il rito abbreviato, formula che era stata sollecitata dai difensori della giovane romena, Giuseppe De Napoli e Carlo Testa Piccolomini.
Vanessa Russo morì il 28 aprile scorso dopo due giorni di agonia. La lite scoppiò per futili motivi nella stazione Termini della metropolitana e al culmine della discussione Doina sferrò la punta dell’ombrello contro Vanessa colpendola in un occhio.
«Non volevo uccidere Vanessa - disse Matei durante un interrogatorio - io ho 21 anni e lei era una ragazza giovane come me e aveva tutta la vita davanti. Mi sono soltanto difesa».
Nella vicenda giudiziaria è coinvolta un’amica di Matei, la connazionale Costantina I., di 17 anni, con l’accusa di favoreggiamento. La sua posizione è al vaglio del tribunale dei minorenni. La ragazza fu scarcerata nel maggio scorso dal tribunale del riesame di Roma e ora si trova in Romania. La giovane, che si prostituiva nella capitale insieme con Doina, aveva espresso il desiderio di ricongiungersi alla famiglia.
Le due romene, identificate grazie al sistema a circuito chiuso della metropolitana, furono arrestate alcuni giorni dopo la morte di Vanessa, a Tolentino, in provincia di Macerata, dove si erano rifugiate e avevano trovato ospitalità nell’abitazione di un conoscente di nazionalità argentina.
«Mi aspettavo di più ma sedici anni di galera possono bastare». Rita Russo, la mamma di Vanessa, scoppia in un pianto dirotto al termine dell’udienza. La donna, visibilmente emozionata, è accompagnata dal marito e ha assistito all’intera udienza a piazzale Clodio.
«È stata fatta giustizia?», chiedono i cronisti. «Credo di sì, anche se mi aspettavo di più - risponde la mamma di Vanessa con il volto rigato di lacrime -. Quando ho visto Doina in aula mi si è riaperta una ferita. Ma è una ferita che non si rimarginerà mai. L’importante è che i giudici hanno riconosciuto che l’omicidio è stato un atto volontario».
Un’affermazione, quella della volontarietà che è poi stata corretta dai legali di parte civile. «Non è stata riconosciuta la volontarietà - hanno detto - ma è l’aggravante dei futili motivi e in più all’imputata sono state negate le attenuanti generiche».
Soddisfatto, ma non per la condanna, si dice il difensore di Doina, l’avvocato Carlo Testa Piccolimini.

«È stato finalmente riconosciuto - ha detto il legale - che Doina non ha ucciso volontariamente. Ma mi chiedo se sia una condanna giusta quella a 16 anni per un omicidio preterintenzionale. Comunque siamo fiduciosi per l’appello».

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