Hanno ucciso l'Uomo Ragno. L’hanno ucciso per davvero e chi sia stato ora si sa. I suoi assassini si chiamano Marcus Denson, 18 anni, e Leonard Hall jr, 21: due topi di fogna con la pistola, membri di una banda, quella dei Kitchen Crips, che radunano altre pantegane e ceffi assortiti dei bassifondi di Los Angeles. Si sa -qui sta lo sgomento suscitato dalla notizia- che l'Uomo Ragno era in realtà un bambino. Un bambino di 5 anni che di nome faceva Aaron Shannon jr. Si sa che negli istanti che hanno preceduto la sua morte, la vigilia di Ognissanti, Aaron era al massimo di giri, felice come può esserlo un bambino che ha appena ricevuto per Halloween il costume da Spiderman lungamente sognato. E si sa anche qual è l'ultima cosa che ha fatto. L'ultima cosa che ha fatto, il cuore gonfio d'orgoglio, è stata quella di mettersi in mostra, piegando le braccia da forzuto come quei tipi del wrestling, davanti alla macchina fotografica di nonno Bill, che gli aveva regalato il costume e ora se lo mangiava con gli occhi. «Era così scatenato -ha raccontato con gli occhi gonfi di pianto nonno Bill- che a un certo punto è volato gambe per aria. Dopo di che si gira, con un'aria un po' offesa, e mi fa: . E io: ma va là, figurati se Spiderman si può fare male».
Due spari, un attimo dopo, e un proiettile che gli attraversa il cervello.
Marcus e Leonard, gli assassini di Spiderman, se ne venivano giù per la South Central Avenue, gli occhi iniettati di sangue, a caccia di avversari. La radio della loro vecchia Oldsmobile, volendo, posto che serva una colonna sonora, avrebbe potuto trasmettere benissimo una canzone italiana: «Solita notte da lupi nel Bronx/ nel locale stan suonando un blues degli Stones».
Quando hanno visto quei tizi, due adulti e un bambino in costume (c'era anche lo zio di Aaron, oltre al nonno, nel cortile sul retro di un caseggiato popolare della 84esima est, quadrante sud di L.A.) hanno tirato fuori le pistole. Bang! Bang! come al cinema. Pallottole contro chi abita nel quartiere «sbagliato». Pallottole per vendicarsi di uno sgarbo subito dalla loro gang qualche giorno prima sul «loro» territorio. Roba che si pensava conclusa con West Side Story, o giù di lì, e invece continua a insanguinare gli angoli più sordidi e cupi delle metropoli americane, dove la mala la fa ancora da padrona.
Nella chiesa «City of Refuge» di Gardena, dove l'altro ieri si sono celebrati i funerali dell'Uomo Ragno bambino, c'erano più di quattrocento persone: signore con le scarpe buone e la borsa di Chanel e donne di colore con la sporta della spesa, ragazzi in giacca e cravatta regimental, i capelli pettinati con la riga, e certi loro coetanei finiti su una sedia a rotelle per i postumi di una pistolettata finita nel posto sbagliato: anche loro ex membri di gang della malavita locale. Sicché a molti è parso di scorgere, in quella folla eterogenea e composita, come il segnale di un «turning point», un punto di svolta, una collettiva voluttà di espiazione e di perdono, e di redenzione. Raccontano i cronisti del Los Angeles Times che i primi a restare stupiti di fronte a quelle centinaia di persone accorse da ogni angolo della città, con una rosa bianca o rossa in mano, a testimoniare il cordoglio e la commozione di una intera collettività, sono stati i genitori e il nonno di Aaron. «Il mondo ha guadagnato un figlio», ha detto nonno William, 55 anni. «Ora appartiene a tutti». Ma lì, davanti al pastore Seth Gaiters che officiava il rito funebre, dietro certi volti duri, pietrificati, si leggeva la domanda di sempre: perché, che senso ha, come si può ancora credere in te, my Lord?
In un foglietto che girava tra i banchi della chiesa c'era un po' la storia di Aaron. La scuola materna «Little lambs», gli agnellini, il suo film preferito, School of Rock, e poi i nomi dei suoi compagni, della maestra.
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