Gabriele Villa
Alla fine, messo alle strette, ha ceduto. Viktor Yushcenko, il presidente ucraino, sospinto a Palazzo Mariinskij sullonda della vittoriosa rivoluzione arancione di quindici mesi fa, ma uscito sconfitto dalle consultazioni politiche del 26 marzo scorso, ha imboccato lunica strada percorribile: la resa. Arrendersi cioè alla riedizione di una coalizione di governo ancora arancione, ma già sulla carta meno coesa e ancora meno rappresentativa di quella andata in pezzi nel settembre scorso. Quando Yulia Timoshenko, la trascinante pasionaria che aveva condiviso, o meglio determinato, il successo della «gioiosa rivoluzione» era stata esautorata dal ruolo di premier dallo stesso Yushcenko per un contrasto sulle privatizzazioni. Così, accantonata definitivamente lipotesi di una più variegata alleanza, cioè una sorta di fronte comune, arancione-azzurro che includesse i comunisti e il partito delle Regioni dello storico rivale filorusso, Viktor Yanukovic, il consiglio politico di Nostra Ucraina, partito del presidente Yushcenko, ha votato per un secondo difficile «matrimonio» con la Timoshenko. Nel ruolo di mediatore fra Viktor e Yulia ancora una volta il Partito socialista di Aleksander Moroz, mai come adesso ago della bilancia della squadra di governo che dovrà resistere a ogni costo anche per non inasprire la spaccatura atavica tra unUcraina che guarda alla Russia, quella azzurra di Yanukovic, e unaltra Ucraina che da sempre insegue il sogno europeo. E ora che cosa potrà accadere? Nella solita Ucraina, quella sì unita, dei voltagabbana, della corruzione e delle vendette politiche trasversali, si è già aperta la lotta per la poltrona di premier. Lindomita e indomabile signora dalla bionde trecce Yulia Timoshenko, che con il suo blocco è uscita altamente premiata dagli elettori (forte del suo 22,27% di voti contro il 13,9% racimolato da Yushcenko), già batte i pugni sul tavolo per ottenere la poltrona di primo ministro, in attesa di raggiungere, in un domani nemmeno troppo lontano, quella di capo dello Stato. Fatto sta che un nome per il premier non c'è ancora e secondo i politologi più autorevoli di Kiev e dintorni non ci sarà prima di un mese, cioè quando la nuova Rada, il parlamento ucraino, terrà la sua seduta inaugurale. Ma, se il pacato e filo-occidentale socialista Moroz ha cominciato nellombra a tessere le fila del futuro governo è anche vero che il sempre più forte uomo di Putin, Viktor Yanukovic, scacciato con ignominia per quella storia di brogli quindici mesi fa, ora promette grazie al record di consensi ottenuto, il 32,12 per cento, unopposizione durissima.
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