La Ue non è la Croce rossa: no ad aiuti a fondo perduto

Il Fondo europeo di stabilizzazione del debito pubblico non è la Croce Rossa né un Pozzo di san Patrizio. Serve per la stabilizzazione dei debiti pubblici degli Stati dell'euro zona e non può e non deve derogare al Trattato di Maastricht, che re­gola un’economia di mercato. Diversa­mente il patto dell'euro è un patto malan­drino. La prima regola è dunque quella che chi non rispetta i principi di questo club va lasciato a sé stesso e può fallire. Ci sono poi quattro regole, a cui il Fondo è condizionato. La prima è che questo non è un fondo di garanzia dei debiti pubblici, a differen­za di quello che alcuni, come il professor Giavazzi, sembrano supporre: un tale fondo è vietato dal trattato di Maastricht e dalla logica di questa Unione moneta­ria in cui nessuno Stato risponde per i de­biti degli altri. Se si violasse questa regola di base, i creditori sarebbero felici di po­ter prestare denaro agli Stati imprudenti, sapendo che pagheranno per loro i con­tribuenti di quelli prudenti. La seconda regola preliminare consiste nel fatto che gli Stati che il Fondo assiste debbono sot­tostare a un piano di rientro rigoroso, per­ché i soldi che a loro vengono prestati dal Fondo vanno comunque restituiti e gli in­­teressi, attualmente, del 5%, vanno paga­ti. Diversamente si tratta di un aiuto di Stato dei Paesi membri della Ue ad altri Stati membri, e ciò è incostituzionale per il Trattato in cui, come ho scritto, nessu­no risponde dei debiti degli altri. Ma ci sono anche due altre regole di fi­nanza pubblica conforme all'economia di mercato, sin qui messe nell'ombra. In­nanzitutto il Fondo interviene per i debiti pubblici degli Stati che seguono le regole di Maastricht sulla concorrenza, che vie­tano gli aiuti di Stato. Ne consegue che esso non può servire per pagare i debiti degli Stati che si sono impegnati per aiuta­re le proprie banche in difficoltà. Il caso dell'Irlanda è tipico. Essa ha un deficit del 30% del suo Pil. Il 20% consiste delle sov­venzioni che ha dato alle proprie banche, per non farle fallire. Degli 80-90 miliardi che il Fondo darebbe all'Irlanda, 45 do­vrebbero andare alle sue banche, ancora per evitarne il dissesto. Ciò distorce la concorrenza europea nel campo banca­rio. Angela Merkel ha ragione nel chiede­re che le banche si adattino a sacrifici. I soldi del contribuente alle banche sono un fatto perverso che le invita a nuove im­prudenze a danno dell'economia. C'è poi una ultima regola, quella che il Fondo europeo deve riguardare solo i de­biti degli Stati, non anche quelli delle Re­gioni e degli enti locali degli Stati mem­bri.

In Spagna il deficit dello Stato è il 2,7% del Pil, ma quello delle Regioni spa­gnole è il 6,3 e nel complesso la Spagna ha un debito del 9% del Pil perché le Re­gioni non vogliono fare economia. Non è questo il federalismo che vogliamo.

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