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Ughi chiede punti remoti di raccolta

Filippo Grassia

«Con l’acquisizione di 464 concessioni, ma è più corretto parlare di rami d’azienda, la Snai SpA ritiene di conseguire nel 2006 un fatturato annuo consolidato di 600 milioni di euro rispetto ai 95/100 del 2005. Il piano industriale, rivisitato dal consiglio di amministrazione nel corso dell’ultima riunione, comporta un investimento di 420 milioni di euro. Ma è nostra intenzione estendere l’operazione ad altri punti di accettazione per arrivare a gestire oltre 500 concessioni»: così Maurizio Ughi, presidente storico di Snai.
Come finanzierete un intervento così oneroso?
«Le risorse saranno reperite mediante il ricorso a mezzi propri, mezzi di terzi e flussi di cassa generati dalla gestione. A questo proposito il CdA, su delega dell’Assemblea straordinaria, avrà la facoltà di aumentare il capitale sociale entro 5 anni con l’emissione di oltre 27 milioni di azioni ordinarie del valore nominale di 0,52 euro ciascuna per un valore di quasi 43 milioni di euro».
In una recente intervista pubblicata dal Giornale, l’ad di Sisal, Giorgio Sandi, ha dettato una ricetta diversa dalla sua sull’estensione dei punti di raccolta delle scommesse sportive. Siete in pratica ai poli opposti.
«Rispetto il suo pensiero, ma non posso fare a meno di dire che si tratta di considerazioni soggettive dettate dal fatto che Sisal è entrata aggredendo il mondo delle scommesse con 300 concessioni, ridotte nel tempo a 200, ma ha il core-business nei 20mila punti che compongono la rete di ricevitorie. Mi permetta di aggiungere, Giorgio Sandi, che la sua società non può dettare le condizioni per estendere la raccolta delle concessioni sportive solo perché possiede una rete capillare, estesa, eccetera, eccetera. Se lui pensa di fare il mercato delle scommesse, si sbaglia. Bisogna avere rispetto per i concessionari».
Con questo vuol dire...
«...che spetta ai concessionari, logicamente sotto l’egida dei Monopoli, l’ultima parola per allargare la rete. Altrimenti che concessionari sarebbero se, dall’oggi al domani, si ritrovassero in compagnia di tanti nuovi compagni di viaggio? Per di più a migliaia?».
Qual è allora la sua proposta per implementare i punti di accettazione?
«Quella di permettere a ciascuna agenzia di aprire alcuni punti remoti di raccolta nei comuni scoperti della provincia di appartenenza. È il modo corretto, l’unico a mio modo di vedere, per apprezzare il ruolo dei concessionari. Rischi e competenza sono il loro ruolo».
Quindi punta ancora sulla territorialità...
«Oddio. Sandi ha ragione quando dice che questo concetto ha perso valore nel momento in cui l’Amministrazione dello Stato ha permesso a Totosì di raccogliere il gioco telematico in tutta Italia pur avendo una sola agenzia. Ma bisogna fare un profondo distinguo fra la vendita dei conti gioco e quella delle scommesse. In caso contrario potrebbe verificarsi l’apertura di un numero abnorme di punti in una stessa zona. Sotto questo aspetto la territorialità esiste, eccome se esiste».
C’è poi il problema del palinsesto che non regge il confronto con le offerte dei bookmaker esteri.
«La nostra offerta è troppo rigida. È come se tutti i negozi vendessero la stessa merce quasi allo stesso prezzo, centesimo più, centesimo meno. Assurdo. I concessionari sono degli imprenditori che rischiano in proprio, per cui dovrebbero avere la mano libera per aumentare il book delle proposte da offrire ai clienti. Ancora oggi non possiamo proporre una quota su chi segna il primo gol della giornata o su chi può ritirarsi dall’Isola dei famosi. Poi vai nel sito di un qualsiasi bookmaker straniero e trovi un ventaglio di offerte precluse in Italia.

È un tassello che manca ancora al mosaico per essere effettivamente competitivi su un mercato che con Internet è diventato internazionale».

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