Unabomber, la partita a scacchi che lo Stato rischia di perdere

Su Unabomber la giustizia si ferma a due decimi di millimetro dalla verità, polverizzandosi. Un’altra beffa. Il professor Alfredo Plebe incaricato dal giudice di Trieste di sbrogliare il giallo del lamierino che inchiodava l’ingegner Elvo Zornitta non è stato infatti capace di formulare risposte certe. Per il semplice fatto che con il suo metodo d’analisi e le sue strumentazioni è impossibile rilevare differenze sotto i due decimi di millimetro. E l’ingegnere di Azzano Decimo, provincia di Pordenone, profilo lombrosiano per un appassionato di fuochi d’artificio, deve ancora attendere. Stesso destino per tutte le vittime mutilate dal bombarolo delle Tre Venezie. Su Unabomber dopo 13 anni d’attentati, bimbi devastati dalle ferite, 14 innocenti braccati da mostri, un pool di 40 investigatori costati 800mila euro, migliaia di prove del dna inutili, delazioni popolari e chissà cos’altro ancora siamo a punto daccapo. Da noi qualsiasi grande inchiesta è tale se rimane insoluta e si trasforma in grande mistero. Così anche l’incidente probatorio sul lamierino utilizzato dal bombarolo a Portogruaro per costruire un ordigno si è trasformato un’altra volta in boomerang per la giustizia. Vale la pena di ricordare che nemmeno l’aprile scorso i magistrati, forti delle analisi compiute dagli esperti (tre perizie tra Ris, Uacv della polizia e Lic di Mestre) erano convinti che quel lamierino fosse stato tagliato dalle cesoie sequestrate nel capanno di casa Zornitta. Tombola. Ecco il mostro. Arriviamo a ieri l’altro. L’ingegnere di Azzano mostra gli artigli, il difensore Maurizio Paniz pure e fanno saltare il banco: il lamierino è stato tagliato sì con le forbici di Zornitta ma dopo il sequestro. Dalle foto del reperto appena sequestrato e subito dopo esser uscito dal laboratorio della polizia di Mestre, presenta delle alterazioni. Il lato B era lungo 11,9 millimetri e ora è stato manomesso. È stato asportato un triangolino lungo 8 millimetri e con un lato compreso tra 0.37 e 0.40 decimi di millimetro. I Ris ricompiono le analisi e confermano: la difesa ha ragione. A questo punto il gip decide di cristallizzare la prova e affida un nuovo testa a un super-esperto, il sesto in ordine d’apparizione. Alfredo Plebe compie un’analisi con la metodologia matematico-algebrico-statistica per una diagnosi raggelante: la differenza è inferiore a due decimi di millimetro, troppo poco per quantificare qualsiasi differenza. Impossibile affermare quindi che sia avvenuta una manipolazione. «Con questi dati - afferma Plebe in aula a porte chiuse - la certezza si ferma al 50-65 per cento». Una soglia non accettabile per il perito. «Per accertare quanto chiedete - afferma rivolto al giudice - ci vogliono mesi di verifiche». Poi aggiunge: «Ho un rammarico: quelle nuove foto del Ris sono uscite un po’ troppo tardi. A giudicare dalla loro qualità si poteva arrivare a una maggior precisione e sicurezza negli esami». Braccia allargate e tanti saluti. I misteri rimangono.
Di questa situazione paradossale nessuno ama parlarne. La Procura ripete che Zornitta è ancora indagato. Un’ovvietà giuridica desolante. Il difensore Paniz, invece, è pragmatico: «La perizia del Ris sul lamierino e quella dei nostri esperti - spiega - sostengono entrambe la manomissione con una differenza di appena 0,03 centesimi di millimetro nelle misurazioni. Per il Ris il triangolino asportato presenta un lato di 0,37; per i nostri periti sarebbe di 0,40. Di certo non sono più uguali.

Qualcuno è intervenuto e a questo punto la pubblica accusa trarrà le sue conclusioni». E l’ombra del mostro? «Zornitta se l’è levata di dosso». Ne è sicuro? «Che sia vittima di una manipolazione è sotto gli occhi di tutti in Italia». Di tutti sì. Meno che nei Tribunali.

gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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