Quello che è certo è che la vicenda di Giuseppe Pizzino, l’imprenditore che da giorni protesta pubblicamente contro un credito non concesso da Unicredit, è diventata politica. Ieri a Milano, dove Pizzino è stato ricevuto dalla banca, c’era il ministro Tremonti che proprio sulla questione si è espresso. «Esiste davvero un problema del credito in Italia ed esiste un problema ancora più grave, del credito nel Mezzogiorno», ha detto il ministro. «Ci sono banche medio-piccole, e anche grandi, che stanno comunque sul territorio - ha aggiunto il ministro - e ci sono banche che si stanno allontanando dal territorio».
Dopo l’incontro con Unicredit, Pizzino ha interrotto lo sciopero della fame che portava avanti dal 25 settembre davanti alla sede dell’istituto, ripartendo per Brolo, provincia di Messina. I vertici della divisione «imprese» di Unicredit hanno «nuovamente» illustrato la situazione all’imprenditore, presentando anche «alcune ipotesi alternative», ha spiegato un portavoce della banca. Secondo fonti la proposta sarebbe stata incentrata sullo scorporo delle attività in attivo da quelle in perdita della sua azienda, la Camiceria Castello. A prima vista dunque uno spiraglio, ma sull’esito dell’incontro le versioni sono contrastanti. «Valuteremo serenamente», ha detto la figlia Michela, aggiungendo: «Mio padre ora ha solo bisogno di recuperare le forze» (martedì è finito per un paio d’ore al pronto soccorso). Secondo Unicredit, invece, Pizzino si è alzato dal tavolo, con un secco no.
Trecento dipendenti e un fatturato annuo di 20 milioni, Pizzino chiede a Unicredit un prestito di 3 milioni per rilanciare l’azienda alle prese con la crisi economica e la concorrenza asiatica. Non è un momento facile per la Camiceria Castello: gli ultimi due bilanci in perdita e un patrimonio netto negativo per oltre quattro milioni. «Vorrei ricordare che quella di Pizzino è un’impresa seria, importante per il nostro territorio, che ha 33 anni di storia.
Se la vicenda arriverà a una soluzione entro breve, a questo punto resta, da vedere. Vale a questo proposito la battuta di Tremonti: «Prima vedere cammello».
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