Unicredit, mani avanti sui conti di fine anno

Unicredit ha chiuso il primo semestre con «livelli di profittabilità in deciso miglioramento anche se non ancora sufficienti a un’adeguata remunerazione del capitale» ma ammette che la seconda parte dell’anno sarà «condizionata» dall’evoluzione della crisi del debito sovrano e «conseguente» alla normalizzazione elle Borse.
L’avvertimento agli azionisti è contenuto nella relazione semestrale appena depositata dall’istituto guidato dall’amministratore delegato Federico Ghizzoni. Già nel primo semestre, ricorda il documento, lo scenario è stato caratterizzato «da segnali di crescita» economica nelle aree di presenza del gruppo, ma «fortemente condizionato» dalle tensioni sui mercati provocate dall’attacco al debito sovrano europeo. Piazza Cordusio continua, quindi, a concentrarsi sul «miglioramento dei livelli di redditività», da conseguire sfruttando la «diversificazione geografica e di business» del gruppo che ha una forte presenza nel Centro-est Europa. L’Italia continuerà comunque «a essere una delle aree di maggiore attenzione in termini di politiche commerciali, miglioramento di qualità dell’attivo, cost management», specifica ancora Unicredit promettendo anche ulteriore efficienza: «Le strutture di direzione centrale saranno oggetto di semplificazioni e razionalizzazioni con benefici nel medio-lungo periodo».
Commentando i risultati del primo semestre, Unicredit ricorda che «gli indicatori patrimoniali sono solidi, con il Core Tier 1 sopra il 9% e il livello di copertura dei crediti deteriorati in crescita». Sempre a fine giugno l’esposizione complessiva verso i titoli del debito sovrano ammontava a 91,6 miliardi, di cui il 90% concentrato su sette Paesi, tra i quali l’Italia. E dopo giugno, si legge nella semestrale, «non si sono verificati eventi che abbiano sostanzialmente modificato» tale situazione: il totale in Titoli di stato italiani è di 38,6 miliardi (il 42% del totale), ai quali aggiungere le esposizioni verso altre istituzioni finanziarie e Abs, per rispettivamente 3 miliardi e 1,3 miliardi, per un’esposizione complessiva in Italia di 42,7 miliardi nominali. Dietro all’Italia, tra i sette Paesi più «pesanti», la Germania con bund per 26,9 miliardi. Queste esposizioni non sono state oggetto di rettifiche, come invece il gruppo ha fatto nei confronti della Grecia.

L’esposizione di Unicredit verso i prodotti strutturati di credito è poi ulteriormente diminuita a 7,21 miliardi, con un calo di oltre l’1% rispetto ai 7,33 miliardi di fine 2010, e risulta «limitata» allo 0,87% rispetto all’intero portafoglio degli strumenti finanziari in capo al gruppo.

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