RomaSono da poco passate le 8.30 di mattina quando in una riunione ristretta che precede il Consiglio dei ministri Frattini, La Russa, Maroni, Alfano e Romani fanno il punto sulla crisi in Libia insieme a Berlusconi e Letta. La buona notizia, ancora non ufficializzata dalla Nato, è che lItalia avrà il comando delle operazioni navali sullembargo di armi a Tripoli, quella cattiva è che la frizione tra Roma e Parigi su chi dovrà gestire le operazioni militari è invece destinata a salire perché unintesa tra i Paesi che fanno parte della cosiddetta «Coalizione dei volenterosi» non sembra vicina. In sottofondo un Cavaliere piuttosto preoccupato per levolversi delle cose, deluso per come si prospetta di lì a qualche ora il dibattito parlamentare ma ancora speranzoso che si possa arrivare a un cessate il fuoco e la palla possa tornare alla diplomazia. Pubblicamente non potrà mai dirlo, ma la convinzione del premier è che Francia e Inghilterra stiano interpretando in maniera «decisamente estensiva» la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dellOnu guardando soprattutto al loro «piccolo orticello». E che siano dunque «assolutamente legittime le critiche della Lega Araba e dellUnione Africana». Concetti, questi, che ripete più volte nelle diverse conversazioni della giornata. Tanto che non è un caso che Frattini replichi a stretto giro al ministro degli Esteri francese Juppè che auspica per la Nato solo «ruolo tecnico».
E sono anche queste le ragioni che spingono Berlusconi a giocare la partita sottotraccia, in attesa che si apra uno spazio per poter rimettere in pista i canali diplomatici puntando soprattutto sugli organismi multilaterali (Lega Araba e Unione Africana, appunto). Sia sul fronte internazionale, visto che il Cavaliere ha molto dosato le sue dichiarazioni, sia su quello interno. La voglia di andare in Parlamento per il dibattito, infatti, cera tutta. E solo ieri mattina - dopo un consulto con il Quirinale - ha deciso di farne a meno per evitare che il confronto si spostasse dalla guerra in Libia ai suoi rapporti con Gheddafi. Certo, ripete in privato il premier, «non cè dubbio che in questi anni io mi sia sovraesposto ma non lho fatto certo per mio tornaconto». «Ho chiesto scusa - insiste con i suoi - per quel che aveva fatto lItalia 30 anni prima e lho dovuto fare anche perché la sinistra su questo non ha mai avuto il coraggio di sbilanciarsi». Insomma, «io non volto le spalle a questa scelta» ma «a quello che Gheddafi ha fatto contro la sua popolazione». Eppoi, è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi, la cosiddetta politica delle pacche sulle spalle qualche risultato negli anni lo deve aver portato se ieri lex segretario di Stato alla Difesa Usa Rumsfeld ha detto che Berlusconi ebbe un ruolo importante nella rinuncia di Gheddafi a sviluppare armi nucleari. Mentre martedì è stata la Pelosi, lex speaker del Congresso statunitense, ad avere parole di elogio per la politica estera italiana durante il faccia a faccia con Napolitano.
E proprio il capo dello Stato ieri aveva invitato il governo a fare una relazione «inclusiva» nella speranza di raccogliere il sostegno delle opposizioni. Che alla Camera non è arrivato mentre al Senato è stato in ballo fino a tarda sera tra accuse reciproche. «Non si rendono conto - chiosa in privato Berlusconi - che così rendono lItalia più debole allestero». Proprio alla vigilia di un delicatissimo Consiglio Ue.
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