Marcello Zacché
da Milano
Mediobanca non starà a guardare: nel riassetto delleconomia nazionale che coinvolge settori strategici, quali energia, tlc, trasporti, la banca daffari milanese punta ad avere un ruolo. Non intende, cioè, lasciare il campo libero al neo-statalismo che si intravede nelle recenti idee governative, né allo strapotere della superbanca San-Intesa, che sembra nascere proprio con questa vocazione. Anche se, almeno per ora, la banca daffari di Piazzetta Cuccia ha scelto di lavorare sotto traccia. «Noi non facciamo proclami - ha detto ieri il direttore generale del gruppo, Alberto Nagel, dopo il cda che ha approvato il bilancio annuale chiuso il 30 giugno 2006 - ma se ci saranno progetti chiari, quanto a interlocutori e soprattutto a quadro regolatorio, noi siamo interessati».
E dal bilancio approvato ieri, in effetti, emerge sempre più chiaramente una Mediobanca votata alla gestione di precisi business a buona redditività, e non più impegnata in partite finanziarie importanti. A eccezione delle Generali, la cui quota di maggioranza relativa del 14% resta il gioiello e il motivo principale dinteresse del mercato.
Per quanto riguarda i numeri, Mediobanca ha realizzato nellesercizio a fine giugno un utile netto di 858,4 milioni, in rialzo del 36% sullanno prima facendo un poco meglio rispetto al target del piano di 840 milioni per il terzo anno. Il cda ha proposto la distribuzione di un dividendo di 0,58 euro per azione, il 21% in più rispetto al precedente esercizio, con stacco il 20 novembre. La nota sui conti spiega che lincremento dellutile netto consolidato si concentra nellattività bancaria, il 69% del totale, e beneficia di proventi legati allo smobilizzo di titoli, in particolare Ciments Français, per 114 milioni. Il consiglio ha anche approvato lemissione di un prestito subordinato di massimi 1-1,2 miliardi. Lindicatore reddituale cost/income è sceso al 26% dal 31%, il Roe è salito al 15% dal 12%. I ricavi sono migliorati del 31% a 1,512 miliardi, il risultato della gestione ordinaria è aumentato del 40% a 1,118 miliardi.
Nagel ha spiegato che lemissione di debito subordinato sta essenzialmente nellentrata in vigore della direttiva Ue sui conglomerati finanziari: a partire da questanno, infatti, in base alla direttiva, la quota in Generali andrà progressivamente dedotta dal patrimonio di vigilanza sia come valore di carico sia come plusvalenza che veniva computata in tale patrimonio. Per questo, con lemissione, Mediobanca si riporta a quota 2,2 miliardi disponibili per operazioni sul mercato.
Rispondendo alla domanda di un analista sulle cessioni, Nagel ha anche detto che in questo esercizio è prevedibile «la dismissione di Ferrari a Fiat con incasso di 500-600 milioni e una plusvalenza importante per la banca sopra i 100 milioni di euro».
Comunque starà a Fiat esercitare, entro fine mese, lopzione di riacquisto. «Non esiste una trattativa - ha detto il condirettore Renato Pagliaro - neanche sulleventuale cessione della quota che Fiat (1,8%) detiene in Mediobanca: «Anche questo dipende da Fiat e dai tempi della disdetta del patto di sindacato».
Nessuna intenzione, invece, di vendere la quota in Fiat, né quella in Telecom: «Non sono più strategiche, ma per il momento le teniamo». Anche se, ha detto Pagliaro con una battuta, tra le soddisfazioni che abbiamo avuto dalla quota in Fiat e quella che Fiat ha avuto dalla nostra «non cè proprio paragone».
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