Cronaca locale

Vademecum gastronomico per i musei del Castello Sforzesco

Il Castello Sforzesco conta otto musei, ad esempio Arte antica, Mobili e sculture lignee, Egizio, Settore Tessile ma nessuno legato a cibi e vini. Eppure esiste, tra le sue mura, anche un percorso goloso che Andrea Perin e Francesca Tasso, lui architetto museografo, lei responsabile delle raccolte artistiche del castello, hanno individuato e messo in luce in una fatica appena pubblicata da Skira. Il sapore dell’arte è una «guida gastronomica ai Musei del Castello Sforzesco di Milano». I due autori si sono mossi per dimostrare che il maniero non è solo lì, tra il parco Sempione e Largo Cairoli per essere osservato, visitato, attraversato, perché «tanti turisti non sanno esattamente che cosa aspettarsi oltre la Pietà Rondanini di Michelangelo». Punto di vista inedito quindi, importante anche per studenti e studiosi così come i milanesi che hanno a cuore la storia della loro città. Si tratta di guardare a «dipinti, arazzi e oggetti d’arte con uno sguardo diverso».
Il filo conduttore lega tra loro tutto quello che per qualche motivo è riconducibile alle più svariate abitudini alimentari. La scintilla scoccò nel 2003, quando la regione Lombardia depositò allo Sforzesco parte della collezione di posate riunita da Gianguido Sambonet ovvero cucchiai, forchette e coltelli dal XVI al XX secolo. Seguì il riallestimento della sezione ceramiche e maioliche, senza dimenticarsi la raccolta Bertarelli di stampe che vanta diverse sezioni legate all’alimentazione.
E così Perin traccia idealmente una storia del gusto gustando quanto imbandito sulla tavola del Castello lungo un viaggio che ci porta dai sapori antichi a quelli moderni. Oggetti, citazioni, riflessioni, rimandi anche ricette come quel Pollo al melograno riferito a un astrolabio in bronzo del Trecento, un piatto che oggi incuriosisce perché accanto a cipolla, lardo e limone abbiamo mandorle, cannella e zenzero, mandorle che tornano nel Biancomangiare sempre di pollo (e acqua di rose).

Un arazzo di inizio Cinquecento, della manifattura di Vigevano, tema il Mese di Dicembre, ci ricorda invece che il maiale può essere consumato anche bollito partendo a un chilo di coppa da regolare in una bottiglia di vino rosso ed eguale dose di acqua, una stecca di cannella, 8 chiodi di garofano e 2 foglie di alloro, però oggi non fa venire l’acquolina, bollire ammoscia, a differenza del grigliare.

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